Archivi del mese: Gennaio 2015

Grecia al voto, i risultati: Tsipras in vantaggio, “verso la maggioranza assoluta”

ATENE

Grecia al voto, i risultati:  Tsipras in vantaggio, "verso la maggioranza assoluta"

Syriza di Alexis Tsipras a un passo dalla maggioranza assoluta nelle elezioni politiche in Grecia (dove ha votato il 61,6% degli aventi diritto, a giugno 2012 era il 62,5% ): il partito di sinistra, con il 40% delle schede scrutinate, ha 148 seggi su 300. La maggioranza assoluta è di 151 seggi. Le percentuali: Syriza è data al 35,81% . I conservatori di Nea Dimohkratia sono nettamente indietro al 28,40% con 78 seggi . Il terzo partito greco è invece ufficialmente l’estrema destra di Alba Dorata col 6,38%, pari a 17 seggi. Solo quarti i centristi di To Potami al 5,80% (16 seggi). Seguono i comunisti del Kke al 5,6% con 15 deputati. A seguire i socialisti del Pasok al 4,8% (13 seggi), ultimi i Greci Indipendenti (scissionisti di Nea Dimokratia) al 4,7% (13 seggi).  Se i risultati definitivi confermeranno la vittoria di Syriza, Alexis Tsipras diventerebbe il più giovane premier greco degli ultimi 150 anni. “Una vittoria del partito anti-austerity Syriza alle elezioni greche porterà ‘sollievo’ all’Europa. Così il portavoce di Syriza, Panos Skourletis, dopo le prime proiezioni. Poi in serata Tsipras ha tenuto una conferenza stampa e ha mandato un messaggio alla Troika: “Appartiene al passato, la Grecia volta pagina”.

I seggi
– Se il risultato delle proiezioni troverà conferma al termine dello spoglio delle urne secondo la stampa ellenica Syriza avrebbe tra i 146 ed 158 seggi (151 su 300 è la soglia per la maggioranza assoluta); i conservatori di Nea Dimokratia tra 65 e 75; ai centristi di To Potami e all’estrema destra di Alba Dorata sono attribuiti tra 17 e 22 seggi; i comunisti del Kke tra 13 e 16; i socialisti del Pasok tra 12 e 15; i Greci Indipendenti (Anel) tra 12 e 15.

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Per le elezioni amministrative brontesi nascera’ il MAP? Movimento delle Anime Perse

L’ANALISI

Amici a Roma, nemici a Palermo
Il Movimento delle anime perse

Domenica 25 Gennaio 2015 – 06:00 di
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Nel parlamento nazionale si sono alleati dando vita a una forza moderata. A Palazzo dei Normanni invece sono divisi: Udc a sostegno del governo Crocetta, pur senza entusiasmo e Ncd a giocare all’opposizione “responsabile”. E intanto i partiti perdono consenso e deputati.

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PALERMO – Faceva un po’ tenerezza, Nino D’Asero. Il capogruppo del Nuovo centrodestra a Palazzo dei Normanni, per una volta, aveva osato un po’. Andando oltre il consueto, cordiale, nebuloso politichese. Aveva fatto un passo più in là, cadendo in fallo. “Perché Crocetta non si è opposto – ha detto – allo scippo dei fondi Pac operato dal governo Renzi?”. Se il governatore fosse stato presente, in quel momento, probabilmente gli avrebbe controbattuto: “Perché a quello scippo non si è opposto Angelino Alfano, che di quel governo è ministro e persino vicepremier?”.

Si era smarrito per un attimo, il capogruppo del Nuovo centrodestra.Aveva perso l’equilibrio sul filo sottile. Lì passeggia il suo partito. Tra opposizione e maggioranza. Tra Palermo e Roma. Roba da rischiare una caduta nella schizofrenia.

E del resto, lo stesso Crocetta, in più di una occasione, ha “stuzzicato” i presunti oppositori. “A Roma Alfano sta con Renzi, perché qui non potete sostenere il mio governo?”. Proposta indecente, ma nemmeno tanto. E rilanciata a più riprese dall’ex ministro D’Alia e da altri leader dell’Udc. Liquidata, in passato, dagli alfaniani con un concetto chiaro: “Crocetta non è Renzi”. Peccato che i fatti dicessero altro. Dicevano, ad esempio, che nella giunta di Rosario Crocetta sedeva un assessore per nulla “sgradito” ai nuovocentrodestristi. Patrizia Valenti, infatti, è stata da sempre considerata assai vicina all’ex presidente della Provincia di Catania, Giuseppe Castiglione, sebbene fosse all’interno dell’esecutivo, formalmente, “in quota” Udc.

I centristi di Gianpiero D’Alia e di Giovanni Pistorio, ex braccio destro di Raffaele Lombardo, in effetti con l’Ncd a Roma dialogano. Eccome. Al punto da aver varato una nuova forza moderata. Centrista. Che oggi, però, più che di centro appare “di mezzo”. Gli ultimi sondaggi danno l’accoppiata al di sotto del 4 per cento. In calo persino rispetto al deludente risultato delle elezioni europee, quando alfaniani e centristi hanno corso insieme, superando di poco lo sbarramento (4,38%). Difficile, oggi, pensare di riportate a Roma, dalla Sicilia, in caso di nuove elezioni, lo stesso gruppetto di parlamentari attualmente in carica. I senatori Schifani, Vicari (è anche sottosegretario), D’Alì, Gualdani, Mancuso, Marinello, Pippo Pagano, Torrisi e i deputati Bosco, Garofalo, Minardo, Misuraca e Alessandro Pagano per il Nuovo centrodestra. Eletti con l’Udc dalla Sicilia sono invece solo i deputati Adornato e D’Alia. Tutti uniti, adesso, nella “Costituente popolare” messa su un mese fa.

Uniti a Roma, ma divisi a Palermo. Se gli alfaniani infatti insistono: “Crocetta non è Renzi”,l’Udc è stato proprio il partito che ha lanciato Rosario Crocetta verso Palazzo d’Orleans. Candidandolo per primo, bruciando sul tempo persino il partito del futuro governatore, il Pd. Che in quei mesi Crocetta non lo voleva candidare nemmeno per scherzo. Uniti. Nonostante appena pochi mesi fa si fossero confrontati persino sul tema della mozione di sfiducia al governatore siciliano. Ncd di qua, ad attaccare in maniera responsabile. E l’Udc di là a difendere, ma non in modo acritico, ovviamente.

Attaccare senza offendere. Sostenere senza difendere. In quel limbo, in quella terra di mezzo senza direzioni. Senza punti di riferimento da puntare o da cui scostarsi. Una sorta di Movimento delle anime perse, che paga a caro prezzo la sua indecisione, qui in Sicilia. Dove il Nuovo centrodestra continua a sfornare batterie di coordinatori (al momento sono due il palermitano Francesco Cascio e il catanese Giuseppe Castiglione), ma a perdere consenso, nonostante la visibilità del suo leader, l’agrigentino Alfano. E quasi costretti a tornare a bussare alle porte del Cavaliere.

E dove l’Udc perde pezzi. Dai catanesi Sammartino, Leanza e Nicotra, inizialmente confluiti in Articolo 4, insieme al palermitano Totò Lentini prima della scissione ulteriore del nuovo movimento. Ultimo ad andarsene Nicola D’Agostino, ex capogruppo dell’Mpa di Lombardo ed eletto tra le fila del Partito dei siciliani, era transitato all’Udc. Dopo un anno e mezzo ci ha già ripensato. Quel partito non sa dove andare e ha finito per rischiare una scissione simile a quella dell’atomo, con i fedelissimi di D’Alia da una parte e quelli del presidente del partito Lorenzo Cesa dall’altro. Anche D’Agostino è andato via. Probabilmente verso i lidi più trandy del momento, quelli renziani. I “moderati”, i responsabili di centrodestra invece stanno ancora lì. Tra le nebbie. Persi. Come il capogruppo degli alfaniani all’Ars, Nino D’Asero. Che ha fatto un passo più in là, quando attaccò il governo di Renzi e di Alfano. Con la faccia di chi sembra chiedere: “Qualcuno mi spiega da quale parte stiamo?”.

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Maniace. Comunali, parte la campagna è Bevacqua il primo candidato

  • Mercoledì 21 Gennaio 2015
  • Catania (Provincia),
  • pagina 33

Eccoli i primi nomi dei protagonisti della prossima campagna elettorale per le Amministrative di Maniace. Il comitato popolare «Maniace in Movimento» ha ufficializzato la candidatura di Salvatore Bevacqua. Pensionato, 65 anni, ha già ricoperto dal 2000 al 2005 la carica di presidente del Consiglio comunale e nel 1979 è stato presidente del Comitato cittadino di Maniace. Ad appoggiare la sua candidatura i tre ex sindaci di Maniace: Franco Parasiliti, Emilio Conti e Carmelo Lupica, il Movimento del Megafono di Maniace e altri esponenti della società civile. «Pongo l’accento – scrive in una nota – sul rispetto dei ruoli istituzionali, sull’importanza del contributo amministrativo da parte dei giovani e delle donne. Cosa tra l’altro che non è avvenuta nell’attuale legislatura, considerato che il sindaco attuale non ha voluto, nonostante la legge lo imponesse, nominare un assessore donna in Giunta. Invito i cittadini a essere parte attiva di una rinascita che Maniace spera e merita, valorizzando quelle eccellenze e quelle peculiarità che caratterizzano la nostra comunità». Poi sul gruppo popolare «Maniace in Movimento» ha affermato: «E’ un soggetto politico-culturale nato dall’esigenza di creare un contatto con i cittadini e aperto alle loro idee».
L. S.

21/01/2015

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Ecco la nuova rete ospedaliera della Sicilia con gli accorpamenti più letti e meno primari

ANITÀ

di Lillo Miceli
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Pubblicato in Gazzetta il decreto che dà il via alla riorganizzazione

PALERMO – È stata pubblicata sulla Gurs di oggi la nuova rete ospedaliera siciliana. Con il decreto firmato dall’assessore alla Salute, Lucia Borsellino, potrà partire la riorganizzazione dell’assistenza sanitaria ospedaliera che avrà una nuova geografia: non ci saranno tagli di posti letto, anzi ci sarà un incremento di 1.400 nuovi posti letto che, sommati ai circa 17mila già attivi, faranno cresce la disponibilità ad oltre 18mila posti letto.
La nuova rete ospedaliera tende a riequilibrare il numero di posti letto per acuti e quelli di lungodegenza, destinati ad aumentare. Un fenomeno che coinvolgerà anche le case di cura private che dovranno trasformare da acuti a lungodegenti 133 posti letto.

Non è una questione di lana caprina la distinzione tra “acuti” e “lungodegenti”: cambia infatti notevolmente il costo del rimborso. Appena i direttori generali delle Asp e delle Aziende ospedaliere avranno ricevuto il via libera dall’assessore Borsellino, potranno, in base alle piante organiche, bandire i concorsi per l’assunzione di centinaia di medici e di infermieri. Finora il sistema sanitario regionale si è retto sul lavoro di medici e parasanitari con contratto a tempo determinato.

La Regione ha tre anni di tempo per portare a regime la nuova organizzazione, che si basa sulle grandi aziende ospedaliere e quelle di alta specializzazione come il “Civico” di Palermo e il “Cannizzaro” di Catania, e le Aziende ospedaliere di Palermo, Catania e Messina. Le piccole strutture, invece, diventeranno ospedali riuniti, accorpati per distretti e con specializzazioni diversificate. Per esempio, a Palermo, oltre l’azienda di alta specializzazione “Civico” e l’azienda ospedaliera “Cervello-Villa Sofia” e il Policlinico universitario, sono previsti tre distretti: il primo, riunisce gli ospedale di Partinico e Corleone; il secondo, quello di Termini Imerese e Petralia Soprana; il terzo, l’ospedale “Ingrassia” di Palermo e Villa delle Ginestre, centro per la riabilitazione e la cura dei paraplegici, mai decollato. Gli ospedali di questi tre distretti ricadono sotto la giurisdizione dell’Asp 6 di Palermo.

Tre distretti sono previsti anche a Catania, oltre ai grandi ospedali: il primo, riunisce gli ospedali di Acireale e Giarre; il secondo, Biancavilla, Bronte e Paternò; il terzo, gli ospedali di Militello Val di Catania e Caltagirone.

Due i distretti, invece, previsti a Messina: il primo comprende l’ospedale di Patti, Sant’Agata e Mistretta; il secondo, Milazzo, Barcellona, Lipari e Taormina.

Due i distretti pure in provincia di Agrigento: il primo, comprende l’ospedale San Giovanni Di Dio del capoluogo e gli ospedali riuniti di Canicattì e Licata; il secondo, gli ospedali di Sciacca e Ribera.

Nel Nisseno, è previsto un distretto che comprende l’ospedale di Caltanissetta, quello di San Cataldo e quello di Mussomeli; il secondo accorpa Gela, Niscemi e Mazzarino.

L’ospedale di Siracusa con quelli di Avola e Noto, darà vita al primo distretto della provincia aretusea; il secondo distretto, sarà composto dagli ospedali di Augusta e Lentini.

In provincia di Ragusa, l’ospedale “Arezzo” con Vittoria e Comiso daranno vita al primo distretto, mentre il secondo sarà formato dagli ospedali riuniti di Modica e Scicli.

Trapani, Alcamo e Pantelleria, costituiranno il primo distretto; Marsala, Salemi, Castelvetrano e Mazara del Vallo il secondo.

Pure la provincia di Enna avrà due distretti: il primo, Enna-Piazza Armerina; il secondo, Nicosia-Leonforte.

Successivemante, si passerà all’accorpamento delle unità operative. Per esempio, se due ospedali riuniti hanno ciascuno 10 posti letto in chirurgia generale, si creerà un reparto con 20 posti letto in uno dei due nosocomi. Non saranno tagliati posti letto ma, secondo alcuni calcoli, dovrebbero esserci 500 primari in meno. Ed ancora, negli ospedali in cui saranno chiusi i punti nascita per il basso numero di parti, rimarranno comunque i reparti di ostetricia. Infine, oltre l’Ismett di Palermo, mantengono lo status di “sovraprovinciali” l’Oasi di Troina, il Bonino Pulejo di Messina e il polo di riabilitazione di Enna.

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BRONTE PIAZZA SPEDALIERI PORTA PER ACCEDERE AL MONDO DI INTERNET

– (20 gennaio 2015) – Il Comune di Bronte grazie al progetto della Provincia regionale di Catania, Sisc (Sistema integrato dei servizi al cittadino), ha attivato nella centralissima piazza di Bronte, un hot-spot per l’accesso gratuito alla rete internet. Per connettersi basta avere uno smartphone, un tablet o qualsiasi computer con interfaccia wi fi, fare la ricerca delle reti ed autenticarsi seguendo le istruzioni. Fatto ciò il mondo di internet è gratuitamente a disposizione

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Cosa non si fa per uno stipendio

IL CASO

Pistorio, da segretario dell’Udc
a segretario dell’assessore Leotta

Giovedì 22 Gennaio 2015 – 17:44 di
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Cosa non si fa per uno stipendio. Il segretario regionale dell’Udc lo ha dapprima indicato a Crocetta come il sostituto di Marcella Castronovo. Adesso guiderà la segreteria particolare del nuovo assessore. Il leader siciliano dei centristi spiega: “Mi ha chiesto una mano, non potevo dirgli di no”.

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PALERMO – Segretario al quadrato. Giovanni Pistorio è il nuovo capo della segreteria particolare del neo assessore alla Funzione pubblica Ettore Leotta. Il leader regionale dell’Udc ricoprirà quindi il ruolo di collaboratore del sostituto di Marcella Castronovo. Indicato proprio dall’Udc. Cioè da Giovanni Pistorio. Praticamente una partita di giro.

Un segretario alla segreteria. È questa l’ultima storia intrisa di paradosso della giunta di Rosario Crocetta. È stato proprio l’ex assessore alla Sanità, infatti, a portare avanti le trattative per l’individuazione del nuovo componente della giunta, dopo l’addio della dirigente di Palazzo Chigi, tornata a Roma dopo un paio di mesi nell’esecutivo regionale. E pochi giorni fa, all’atto dell’insediamento, proprio Pistorio sottolineava il “il clima positivo e di piena collaborazione” col resto del partito.

E ci mancherebbe. La collaborazione adesso sarà anche “formale”, come detto. E per Pistorio non sarà a dire il vero una novità assoluta. Già nella prima parte della legislatura aveva ricoperto infatti il ruolo di capo della segreteria tecnica dell’assessore Patrizia Valenti, sempre alla Funzione pubblica. “Non potevo dirgli di no”, commenta oggi Pistorio a Livesicilia. Anzi, nel raccontare i motivi del suo “sì” alla proposta di guidare uno degli uffici di staff dell’assessore, il segretario regionale dell’Udc spiega che è stato lo stesso Leotta “a chiedermi di stargli vicino. Sostanzialmente – racconta – il neo assessore mi ha detto: o mi dai una mano, o non accetto il posto in giunta. Così ho accettato e sono molto felice di averlo fatto”.

Una presenza atipica tra collaboratori e portaborse. Perché Pistorio è pur sempre il leader del partito centrista in Sicilia. “Credo che quello di guida della segreteria particolare – precisa però – sia il ruolo più adatto, visto che avrò il compito di curare i rapporti anche a livello politico, ma inteso in senso ampio. Questa nomina – prosegue Pistorio – è il frutto del rapporto personale tra me e Leotta e di sicuro non ci guadagno nulla”. A dire il vero, Pistorio, già dirigente dell’Asp di Catania, riceverà un’indennità analoga a quella di un dirigente regionale. “Ma quell’assessorato – insiste – non dà alcuna gioia. Alla fine di questa esperienza, di sicuro non ci troveremo con un maggiore consenso. Anzi. Bisognerà mettere le mani nelle spinose questioni riguardanti le Province o il personale della Regione”. E in un certo senso, con l’arrivo di Pistorio nello staff di Leotta prosegue l’occupazione militare dei partiti negli uffici di gabinetto. Come se, sotto la superficie della giunta regionale, esistesse un altro governo. Quello politico. Il vero “titolare” della linea da seguire in giunta.

“La politica non c’entra con questo incarico – puntualizza però Pistorio – certamente però, negli ultimi tempi ho notato un atteggiamento diverso da parte del presidente della Regione Crocetta nei confronti dei partiti. Il governatore forse ha compreso che una maggiore solidarietà e una maggiore collaborazione con le forze politiche possa tornare utile anche a lui. Di certo, i rapporti sono, rispetto a qualche mese fa, molto migliori col Pd. Spero che lo stesso possa avvenire con noi dell’Udc, partito che è sempre stato fedele e leale”.

Al di là della politica, però, ecco che la nomina di Pistorio entra dritta nel quadro del valzerche ha coinvolto personalità di spicco in qualche modo recuperate negli uffici di staff o nel ruolo di consulente. È il caso, ovviamente, dell’ex assessore Nelli Scilabra attualmente segreteria particolare del presidente. Prima di lei, stesso ruolo era stato ricoperto da Mariello Lo Bello, tra un assessorato al Territorio e uno alla Formazione. Mentre ad esempio per Roberto Agnello e Salvatore Calleri, dopo l’addio alla giunta, è arrivata la chiamata come “esperti esterni” rispettivamente dell’assessore Borsellino e e dello stesso Crocetta. Ma quella di Pistorio, in effetti, è altra storia. Ex braccio destro di Raffaele Lombardo, fu assessore alla Sanità più di dieci anni fa. Il presidente della Regione era Salvatore Cuffaro. Del resto, con l’avvento di Crocetta, la Sicilia ha finalmente chiuso col passato.

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Il brontese Antonio’ Schiliro’ e’ scomparso, condoglianze alla famiglia

LUTTO

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Scomparso Antonio Schilirò, un uomo buono al servizio di Catania

Intelligenza brillante, aspetto allegramente naif, simpatico e sempre cordiale, è stato l’anima della migliore comunicazione in ambito istituzionale. Una grave perdita. I funerali saranno celebrati sabato mattina, alle 10 e 30, nella chiesa di Santa Maria delle Grazie di Piano di Tremestieri.

Lo abbiamo conosciuto tanti anni fa, ci si vedeva di rado ed ogni volta era così sinceramente affabile che ti faceva davvero piacere scambiare quattro battute sfidando la sua ironia arguta.

Siamo davvero dispiaciuti e porgiamo a familiari ed amici le più sentite condoglianze del gruppo di SUDPRESS.

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Precari, prima stabilizzazione dopo la sentenza Ue

NORME E TRIBUTI22 GENNAIO 2015Il Sole 24 Ore

Scuola. Il Tribunale di Napoli stabilisce la conversione del contratto a termine del supplente

Prime pronunce di stabilizzazione di precari della scuola con più di 36 mesi di servizio dopo la sentenza della Corte Ue. È stato il giudice del lavoro del Tribunale di Napoli, proprio quello che aveva causato il giudizio della Corte Ue (sentenza Mascolo), che ha ripreso in esame le cause, traendone le necessarie conseguenze con tre sentenze di analogo tenore (n. 528, 529 e 530 del 2015).
Il giudice parte dall’esame del quadro normativo. Secondo tale ricostruzione, a 14 anni dalla scadenza dei termini per la trasposizione della direttiva 1999/70/CE, resta indeterminato e confuso il piano della effettività delle conseguenze sanzionatorie e la efficacia dissuasiva dell’articolo 36 del Dlgs 165/01: la norma che prevede nei confronti della Pa esclusivamente sanzioni di carattere risarcitorio, ma esclude la conversione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato.
Passando alla pronuncia della Corte europea, si sottolinea che se pure la Cgue ha ritenuto in contrasto con il diritto eurounitario solo l’assunzione di lavoratori a termine su posti vacanti e disponibili, in assenza di concorso pubblico da espletarsi entro termini certi, il diritto interno non consente di differenziare le conseguenze sanzionatorie per le assunzioni su posti vacanti ma non disponibili. L’interpretazione conforme del diritto interno impone di interpretare conformemente disposizioni che si applicano alle assunzioni su posti vacanti e disponibili, ma la medesima interpretazione, visto l’identico dato testuale, deve valere anche per precari assunti su posti vacanti ma non disponibili, cioè con contratti fino al 30 giugno.
In definitiva, per la sentenza Mascolo solo il risarcimento del danno (effettivo, energico e dissuasivo ma impossibile per disposizione interna e comunque insostenibile finanziariamente) o la costituzione del rapporto di lavoro sono misure ostative. La Corte richiede alle autorità interne, i giudici, di cercare senza incertezze una soluzione alla questione del precariato, compatibile col diritto europeo. Le statuizioni delle cause Papalia e Mascolo della Cgue portano a concludere che si deve costituire il rapporto di lavoro ex articolo 5, comma 4-bis, del Dlgs 368/01, secondo cui «qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l’altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato». Altrimenti, secondo la sentenza partenopea, il settore pubblico violerebbe il diritto eurounitario, in assenza di valida misura ostativa all’illegittima reiterazione dei rapporti di lavoro a termine con la Pa, non costituendo idonea misura ostativa il mero risarcimento del danno. La sentenza cerca di dimostrare anche che la stabilizzazione costa all’Erario molto meno dei risarcimenti ottenibili dai precari (quantificati, come minimo in 440.769.000 annui). Infatti, il costo reale della stabilizzazione sarebbe di poco più di 1.100 euro l’anno moltiplicato per i 125.934 precari indicati dalla Consulta nell’ordinanza 207/13. Per un totale dunque di 138.527.400 euro l’anno. Dati che non sembrano in linea con la spesa di un miliardo preventivata dal governo per stabilizzare i precari nel 2015, relativa ai soli 4 mesi da settembre a dicembre 2015.
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Nicola Da Settimo

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Bronte, terremoto politico all’interno del PD brontese, saltano tutti gli equilibri. Enza Meli sul profilo di Twitter fa dichiarazioni di fuoco contro i compagni locali e quelli provinciali

ENZA MELI

@EnzaMeli TI SEGUE

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e la sana politica k nn viene praticata nel pd di ct..sn stata ferita a morte e reagirò con ogni sistema,tu 6 l’unico k può stabilire la dem

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del pd xk ho vinto le primarie nella mia città,ed oggi da 4 deputati fatta fuori xk non sono miei padrini.nn mi fermo xk amo la liberta’

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spero in un partito veramente democratico k guardi le donne e nn le uccida come fa la violenza,xk qst è violenza.ho partec alla costituzione

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attendo tua risposta xk i deputati catanesi sn renziani di gg e traffichini di notte nemm al partito è tess il candidato voluto dai deputati

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desidero 1 risposta prima di agire xk amo qst partito e nn il sistema k viene usato a ct nn mi fermerò e farò conoscere qst caso a tt italia

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è mai possib k bisogna avere i padrini per potersi candidare?altro k democrazia ne farò un caso nazionale,ess donna nel pd di ct é=a calci

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 · 19 gen

sn la segr del circ pd bronte ct e cand alle amm dal dirett,vengo fatta fuori dai deputati catanesi senza primarie.

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Aiuto per tutti i giovani che vogliono insediarsi per la prima volta in agricoltura. Per info 095691514

Il nuovo pacchetto giovani in agricoltura premio di € 40.000. Misura 6.1 PSR Sicilia 2014-2020

giovani in agricoltura fondo perduto premio

Ecco alcune anticipazione sul nuovo pacchetto giovani.

Con la nuova programmazione continua a persistere il sostegno finanziario a giovani agricoltori che avviano una impresa per la prima volta.
Ricordiamo che per giovane agricoltore si intende una persona di età inferiore a quaranta anni al momento della presentazione della domanda in possesso di specifiche competenze professionali e che si insedia per la prima volta in un’azienda agricola in qualità di capo azienda.

Per poter ottenere il beneficio economico di € 40.000 il giovane agricoltore dovrà accedere oltre alla sottomisura 6.1. ad almeno ad una altra sottomisura tra le seguenti 4.1, 4.2, 6.4, 16.2, 16.3, 16.4 e 16.9.

Vi ricordiamo che la procedura è quasi identica per tutte le regioni d’Italia.

La procedura è analoga a quella della vecchia programmazione del PSR Sicilia 2007-2013.

La sottomisura presenta alcune novità fra i quali il pagamento del premio che avverrà almeno in due fasi: uno iniziale ed uno finale legato al raggiungimento degli obiettivi fissati nel paino aziendale.

Il pagamento dell’ultima rata è subordinata alla corretta attuazione del piano aziendale.

L’importo dell’aiuto è pari a € 40.000 per ogni giovane agricoltore.

Il collegamento della misura non è legato come nella vecchia programmazione alla 121 ma ad un ampio ventaglio di sottomisure come abbiamo visto sopra,  fra cui anche la 3.1 (partecipazione a sistemi di qualità) e la misura 16 (cooperazione- creazione di poli e di reti) che consentirà anche di sviluppare progetti pilota.

A tal proposito, il piano aziendale dovrà definire in modo puntuale gli obiettivi, il disegno strategico complessivo dell’azienda ed il collegamento funzionale tra gli interventi proposti nell’ambito delle misure alle quali si richiede l’accesso.

Il piano aziendale
Detto piano aziendale,  o business plan, dovrà valutare la  capacità iniziale e del potenziale di mercato (piano di marketing) e contenere lo sviluppo delle attività imprenditoriali e commerciali o la promozione e l’organizzazione di eventuali processi innovativi. Inoltre, potrà contenere anche indicazioni di natura non solamente economica, ai fini della valutazione globale dell’iniziativa.

In sintesi:
Il sostegno alla sottomisura 6.1  è subordinata alla presentazione di un piano aziendale. Il piano aziendale deve descrivere almeno:

– la situazione iniziale dell’azienda agricola;

– le tappe e gli obiettivi per lo sviluppo delle attività dell’azienda agricola;

– i dettagli delle azioni necessarie per lo sviluppo delle attività dell’azienda agricola, come gli investimenti, la formazione, la consulenza.

L’attuazione del piano aziendale deve iniziare entro nove mesi dalla data di concessione dell’aiuto.

Il piano aziendale di impresa, attraverso una descrizione dell’insieme dei fattori e delle attività che caratterizzano l’impresa agricola, unitamente alle informazioni ricavabili sullo stato patrimoniale dell’azienda, dal suo conto economico e dagli indici di efficienza economica, dovrà consentire di valutare il miglioramento del rendimento globale dell’impresa.

Detta analisi, terrà conto anche della misurazione e del calcolo di appropriati indicatori tecnico-finanziari (indici di bilancio), i quali saranno utilizzati per la valutazione dell’intervento programmato, anche ai fini della determinazione della sua ammissibilità.

Nel piano dovranno essere evidenziati eventuali fabbisogni formativi e di consulenza (ricerche di mercato, marketing, azioni promo pubblicitarie), sulla base degli obiettivi previsti dallo stesso.

Le soglie minima e massima per l’ammissibilità delle aziende agricole al sostegno della sottomisura 6.1 sono rispettivamente, la minima di almeno 5 UDE nelle isole minori, nelle zone con svantaggi e montane e nelle aree Natura 2000, e di 8 UDE nelle altre zone, mentre la massima di 100 UDE in tutti i casi.

I principi dei criteri di selezione utilizzati per selezionare le domande di sostegno saranno:

  • Qualificazione del soggetto proponente

  • Requisiti del progetto

  • Caratteristiche dell’azienda

  • Qualità e coerenza del piano aziendale

  • Elementi qualificanti e le azioni di formazione

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Qualcuno riconosce i luoghi ?

Inviato da iPhone

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Ancora 15 giorni, poi Tony Gullotto di 67 anni, per decenni uno dei parrucchieri più apprezzati di Randazzo, dovrà consegnare all’ufficiale giudiziario il suo negozio di via Umberto, già da più di un anno venduto da una banca cui il parrucchiere non è riuscito a saldare un prestito

  • Venerdì 16 Gennaio 2015
  • Catania (Provincia),
  • pagina 37

LaICP050033720150116CT

Due immagini delle drammatica mattinata vissuta in via Umberto
per lo sfratto ai danni del …

Ancora 15 giorni, poi Tony Gullotto di 67 anni, per decenni uno dei parrucchieri più apprezzati di Randazzo, dovrà consegnare all’ufficiale giudiziario il suo negozio di via Umberto, già da più di un anno venduto da una banca cui il parrucchiere non è riuscito a saldare un prestito.
Finisce per il momento così la drammatica mattinata randazzese di ieri, fra la rabbia e la disperazione dell’artigiano che, sostenuto dal suo avvocato Nino Granata, evidenzia irregolarità nella vendita dell’immobile. Al suo fianco i rappresentanti di diverse associazioni e movimenti che ieri mattina sono giunti da tutta la Sicilia per sostenerlo.
E mentre dentro il negozio gli avvocati, l’ufficiale giudiziario e i periti delle parti discutevano lo sfratto, fuori dalla porta Francesco Crupi del movimento dei forconi e di Alba siciliana fermava auto e passanti per denunciare quanto stava accadendo. Assieme a Crupi, Martino Morsello, che guida il movimento a Marsala, diversi componenti dell’associazione “Antiusura bancaria aiutiamoci” e pure Rita Bonaccorso, un tempo moglie del calciatore Totò Schillaci, anche lei vittima del pignoramento della sua casa. All’arrivo nel negozio dell’ufficiale giudiziario l’avvocato Granata ha segnalato un vizio nella procedura, chiedendo di fermare tutto. «Il negozio venduto – ha affermato – è al piano terreno di un immobile dove Gullotto abita con la sua famiglia. Gli ambienti godono degli stessi servizi e non poteva essere diviso. Separare il negozio dall’abitazione vuol dire privare la casa del mio assistito dei servizi, creandogli delle servitù. Non si può fare».
Ma questo non ha fermato lo sfratto, e allora si sono vissuti momenti di tensione. I carabinieri hanno portato via dal negozio una bombola del gas e Gullotto pare abbia minacciato di incendiarsi con della benzina. In via Umberto sono arrivati i vigili del fuoco e l’ambulanza del 118 perché la moglie del parrucchiere, Maria Concetta, ha accusato diversi malori. Il comandante della Polizia municipale di Randazzo, Gaetano Cullurà, ha chiuso la strada al traffico ed è arrivato anche il sindaco Michele Mangione. Ma niente da fare: “Dura lex, sed lex”, c’era anche la necessità di tutelare i diritti di chi ha comprato il negozio.
Sarà per tutto quello che è accaduto, o forse più semplicemente per la difficoltà di sgomberare i locali dagli attrezzi del parrucchiere, ma alla fine si è deciso per un rinvio. «Per fortuna lo hanno accettato – ha affermato alla fine Gullotto – Il negozio è la mia vita, spero di non perderlo».
G. G.

16/01/2015

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Licenziato il funzionario catanese colto mentre intascava tangente

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IL PROVVEDIMENTO

Sabato 17 Gennaio 2015 – 10:35
Articolo letto 134 volte

L’Assessore Nino Caleca (in foto): “Provvedimento esemplare: nessuno deve poter pensare che l’Assessore all’Agricoltura possa tollerare di convivere sotto lo stesso tetto con chi si macchia di tali reati”.

PALERMO – Il Dirigente Generale della Funzione Pubblica della Regione Siciliana Luciana Giammanco, su impulso dell’Assessore Regionale dell’Agricoltura ha provveduto ad emanare il decreto di licenziamento senza preavviso nei confronti del dipendente dell’Ispettorato Provinciale Agrario di Catania arrestato dalle forze dell’ordine in flagranza del reato di concussione nei confronti di un imprenditore agricoloSulla grave vicenda, che ha coinvolto un funzionario del proprio dicastero, l’Assessore Nino Caleca – nel corso di una conferenza stampa che si è svolta ieri presso l’IPA di Catania – ha espresso una profonda censura.

“Non è per me tollerabile – ha dichiarato Nino Caleca – che nell’Assessorato che rappresento possano convivere situazioni di malaffare. Ho incontrato l’imprenditore agricolo vittima dell’episodio concussivo e gli ho manifestato la mia piena solidarietà. L’Assessorato dell’Agricoltura si farà parte civile nel processo che vedrà imputato il dipendente infedele. Non posso permettere – ha detto l’Assessore Caleca – che anche un solo centesimo dei 2 miliardi e trecento milioni che nei prossimi anni arriveranno alla Sicilia dall’Unione Europea per l’agricoltura possa andare nelle tasche di organizzazioni criminali o di soggetti che si macchiano di reati concessivi”.

“La corruzione ha oggi un indice di percezione altissimo – ha sottolineatol’Assessore Caleca. Nessun cittadino deve poter pensare che l’immagine pubblica dei tanti dipendenti seri, operosi e onesti della Regione Siciliana possa essere intaccata da comportamenti illeciti o criminosi portati a compimento da soggetti isolati. Nessuno deve poter pensare che l’Assessore all’Agricoltura possa tollerare di convivere sotto lo stesso tetto con chi si macchia di tali reati”. “Adotterò un sistema di pubblicità e trasparenza che renda pubblico ogni centesimo pagato dalla mia amministrazione – ha concluso l’Assessore Caleca – e chiederò agli uffici delll’Assessorato di effettuare un monitoraggio delle situazioni tendenzialmente a rischio affinché possa esercitarsi una vigilanza costante sulla spesa pubblica. Questo anche attraverso protocolli di legalità da sottoscrivere con le forze dell’ordine e le organizzazioni di categoria”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Ultima modifica: 17 Gennaio ore 11:34

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Strage di Parigi sfilano i capi di Stato

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Salisburgo sotto la neve

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ORA CI PENSA ALFANO: PRONTA LA LISTA DI IMAM DA ESPELLERE DALL’ITALIA, SAREBBERO UNA DOZZINA

LA RETE “SHARIA4″ E LA STORIA DI ANAS, PARTITO DA BRESCIA PER LA JIHAD

Stavano per attraversare il confine italiano al passo del Frejus due jihadisti belgi scampati alla retata scattata ieri a Verbiers.
In Italia, con probabile destinazione al sud, perché se le cellule jihadiste sono nuclei autonomi addestrati e in attesa di entrare in azione, la rete di conoscenze e di supporto logistico a loro disposizione ha solide ramificazioni in tutta Europa. Anche nella nostra penisola.
Secondo il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, intervistato nella trasmissione “Otto e mezzo”, il livello di allarme in Italia da uno a dieci è “sette”.
Per restare ai dati certi, basta ricordare come il capo della cellula condannata per terrorismo il 24 settembre scorso in Puglia (tribunale di Andria), l’imam tunisino Hosni Hachemi, ha vissuto e ha solidi contatti in Belgio con la formazione integralista “Sharia4Belgium”.
A cui fanno riferimento i 13 arrestati e le dodici perquisizioni ordinate giovedì dell’antiterrorismo belga.
Belgio, Francia, Germania mentre dagli Stati Uniti fonti di intelligence avvertono: “Almeno venti cellule addestrate da tempo sono pronte ad entrare in azione in Europa”.
L’Europa sotto attacco reagisce compatta e fa scattare un po’ ovunque operazioni contro la minaccia integralista islamica.
Il Viminale ribadisce, da giorni, che pur avendo un livello di allarme ALFA1 (non succedeva dall’11 settembre 2001) non risultano alla nostra intelligence né agli investigatori “minacce in fase di progettualità“.
Ma il Viminale sta valutando la posizione di una dozzina di imam, o presunti tali, per ordinarne l’espulsione dal territorio nazionale “per motivi di sicurezza nazionale”.
La lista degli espulsi nasce dall’attività info-investigativa che Ros dei Carabinieri e antiterrorismo del Viminale non hanno mai cessato in questi anni in cui la jihad sembrava essere andata in sonno.
“Si tratta – si spiega – di persone, diciamo pure predicatori, nei cui confronti non ci sono gli estremi per procedere all’arresto o ad altre forme di interdizione e di cui però è dimostrata l’attività di proselitismo in chiave integralista e anti occidentale”.
Persone che in questi momenti è più salutare mettere fuori dai confini nazionali. L’espulsione per motivi di sicurezza fu introdotta nel 2005 dall’allora ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu.
La lista dei sospetti in Italia si compone di circa “un centinaio di nomi”, tra i venti e 35 anni, in maggioranza magrebini, per lo più sono seconde generazioni già inseriti e residenti soprattutto in Lombardia, Emilia Romagna, Liguria, Veneto e Lazio. Tra loro anche una decina di donne.
La loro palestra principale è il web dove trovano tutte le istruzioni per addestrarsi e addestrare. Qualcuno di loro è partito per la Siria e prima ancora per l’Iraq.
Qualcuno è tornato. I lone fighter diventano foreign fighter.
La “cellula” integralista ne può diventare il complemento o la conseguenza. I numeri italiani sono diversi, meno preoccupanti, da quelli francesi e belgi: una ventina le persone sotto indagine; 54 i foreign fighters di cui quattro italiani.
I profili di questi combattenti sono stati messi a disposizione del Parlamento tramite il Copasir
Di Fatima, il nome da convertita di Maria Giulia Sergio, 27 anni, sappiamo già molto: adesso dovrebbe essere tra la Turchia e la Siria. Potrebbe essere con lei anche il secondo marito, un albanese la cui famiglia vive ancora tra Siena e Grosseto nel comune di Scansano.
Meno noto è Anas el Abboudi, 22 anni, marocchino di origine, naturalizzato italiano. Anas viveva a Vobarno, in provincia di Brescia, il padre operaio cassaintegrato e la madre casalinga. Frequentava una scuola professionale a Brescia finché non è sparito nel settembre 2013.
“Il mio datore di lavoro è il jihad” ha scritto nel suo ultimo post su Facebook prima di chiuderlo ad agosto 2014.
Nella foto, Anas imbracciava un kalashnikov. Ora si sa che ha assunto il nome di battaglia Anas al Italy e che è in Siria.
Nel 2013 il giovane era stato arrestato per addestramento con finalità di terrorismo. Ma dopo 15 giorni fu rimesso in libertà: il Tribunale del Riesame riconobbe che il giovane aveva posizioni radicali ma non stava però progettando alcun attentato.
Gli uomini della Digos e dell’antiterrorismo che hanno indagato su di lui ritengono sia il fondatore della filiale italiana di ‘Sharia4′, il movimento ultraradicale islamico messo al bando da diversi paesi europei e fondato in Belgio nel 2010 dal predicatore filo-jihadista Omar Bakri.
E torniamo in Belgio, al cartello integralista “Sharia4″ contro cui, nei principali paesi europei, si stanno concentrando le operazioni antiterrorismo delle ultime ore.

(da “Huffingtonpost“)

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Confermate le dimissione di Odevaine formalizzata la revoca

IL DOCUMENTO

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La determina pubblicata sul sito del Cara di Mineo delle dimissioni di Odevaine

La determina è datata 16 gennaio e l’oggetto è la risoluzione di rapporto di lavoro con Luca Odevaine.

Il contratto con Luca Odevaine, come indicato nel documento che riportiamo fedelmente, doveva durare fino al 31 dicembre del 2015, ma subito dopo il terremoto avvenuto con l’inchiesta Mafia Capitale, il dottor Odevaine con il suo contratto a tempo determinato part Time 50% dell’orario di lavoro, è stato sospeso.

Era il 2 dicembre quando è stata disposta la “sospensione cautelare dal servizio”, giorno dell’arresto dello stesso consulente coinvolto nell’inchiesta mondo di mezzo considerato uomo vicinissimo all’ex terrorista e criminale Massimo Carminati.

L’atto è firmato dal direttore generale Giovanni Ferrera dal responsabile dell’area amministrativa Giuseppe Scornavacche e dal responsabile dell’area Finanziaria Francesco Milazzo.

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Due inchieste sul Cara di Mineo

Fascicoli aperti da Dda di Catania e Procura di Caltagirone. Il procuratore Salvi oggi in Antimafia nazionale

  • Giovedì 15 Gennaio 2015
  • I FATTI,
  • pagina 9

Mario Barresi
Catania. Più che un troncone dell’indagine su “Mafia Capitale” questo è destinato a diventare un encliclopedico Romanzo Criminale. Rigorosamente scritto in Sicilia. Puntando dritto su Mineo. Ma non soltanto. Alcune delle carte dei pm di Roma sono passate nelle mani dei magistrati della Dda di Catania; un fascicolo è stato aperto anche dalla Procura di Caltagirone, in sinergia con i colleghi etnei. Tutti al lavoro su un’inchiesta (in atto contro ignoti e senza indagati) che si annuncia clamorosa e complicata allo stesso tempo. Un pentolone che ribolle già da qualche tempo. Con dentro corruzione, malaffare e appalti sospetti, dove sguazzano politici, faccendieri e mafiosi. Al centro c’è il Cara di Mineo, il più grande centro migranti di tutta Europa, ma anche tutto il sistema di accoglienza, gestito da una rete di coop e diluito nei progetti Sprar. In in un altro filone giudiziario precedente agli scandali romani, c’è anche un delicatissimo approfondimento sul legame fra trafficanti di uomini e infiltrazioni del terrorismo.
Le indagini sulle zone grigie nella macchina d’accoglienza dei migranti nel Calatino hanno dunque trovato una “triangolazione” Roma-Catania-Caltagirone. In prima linea c’è il procuratore di Catania, Giovanni Salvi, che sui reati legati all’immigrazione ha già dimostrato di sapere cosa cercare e dove trovarlo: gli arresti dei due tunisini, nel 2013, sospettati di appartenere a una cellula terroristica che faceva addestramento sull’Etna, il mandato di cattura internazionale per il 32enne egiziano ritenuto il superboss di un’organizzazione che gestisce i viaggi degli scafisti con destinazione Sicilia, ma anche i numerosi arresti e le 109 condanne, negli ultimi tre anni, per il traffico di esseri umani. Stavolta il profilo è diverso, pur essendoci dei punti in comune con tutte le attività finora svolte. Perché adesso si toccano i fili dei potentati economici, delle complicità politiche e delle infiltrazioni mafiose, tutti tenuti assieme dall’aggrovigliato nodo della corruzione. Che parte da Roma e arriva in Sicilia; per tornare nella Capitale in termini di schizzi di fango che sfiorano e imbarazzano il governo Renzi. Su questi aspetti oggi, a Roma, il procuratore Salvi sarà sentito un’audizione in commissione nazionale Antimafia. Con la quale si confronterà sulle distorsioni nel sistema di accoglienza nel Catanese; alla luce delle carte dell’inchiesta romana, ma soprattutto in base ai primi riscontri delle indagini aperte sull’asse fra Catania e Caltagirone, dove il procuratore Giuseppe Verzera, insediatosi qualche giorno fa, sta già studiando con attenzione il “faldone Mineo” trovato in cima alla pila di carte trovate nel suo nuovo ufficio.
Ma del caso Cara si occupa già da qualche tempo la commissione Antimafia dell’Ars. Il presidente Nello Musumeci rivendica di «averci visto bene anche prima dell’inchiesta romana, perché il dossier è aperto dal gennaio 2014 per verificare la regolarità della gara d’appalto per la gestione del Cara». Un mese fa è stata istituita una sottocommissione, affidata al deputato regionale Girolamo Fazio, «per un’istruttoria sulle responsabilità politico-amministrative». L’Antimafia siciliana vuole chiarire come e perché è nato il consorzio dei Comuni che gestisce il Cara (al quale alcuni sindaci non aderirono), il ruolo delle cooperative e «se è vero che molte attività dirette e indotte siano ricollegabili a singole persone», indentità e rapporti familiari di chi gestisce la rete degli Sprar e idonenità di queste strutture, regolarità delle assunzioni e dei contratti nei centri. L’Antimafia dell’Ars ha già sentito i sindaci di Ramacca, San Cono e Licodia Eubea, oltre ad acquisire documenti dall’Ufficio del lavoro. Fra due settimane il confronto con gli altri primi cittadini del territorio, con i responsabili delle cooperative e «con alcuni cittadini che hanno chiesto di fornire elementi utili». In programma anche in questa sede l’audizione del procuratore Salvi. Molto attesa anche quella del prefetto di Catania, Maria Guia Federico.
twitter: @MarioBarresi

15/01/2015

Odevaine e i suoi (tanti) amici siciliani
i punti oscuri del “5 stelle” per migranti

  • Giovedì 15 Gennaio 2015
  • I FATTI,
  • pagina 9

Il Cara (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) di Mineo sorge nell´ex “Residence degli …

Catania. Raccontano che Luca Odevaine, uomo di mondo e potentissimo anello di congiunzione fra mafia e colletti bianchi, non solo fosse di casa in molti palazzi delle istituzioni, a Roma e in Sicilia, ma che a Catania avesse preso proprio casa. Nel vero senso della parola. Un appartamento moderno e ben arredato, alle spalle di corso Italia, accanto a un supermercato bio e a una storica trattoria. Un pied-à-terre molto vicino a quell’altro palazzo (di giustizia) dove adesso sono arrivate le carte che permetteranno ai magistrati della Dda di unire i puntini e tracciare la linea retta da “Mafia Capitale” all’ombra del Vulcano; anzi un triangolo, molto simile a quello delle indagini, con alle estremità Roma, Catania e Mineo. E sussurrano che quel luminoso appartamento (ma questo saranno proprio i magistrati a doverlo accertare, assieme a una lunga lista di altre cose) sia stato messo a disposizione proprio da un uomo di vertice di quel “Consorzio Calatino Terra di accoglienza” che ha accolto Odevaine in Sicilia come un messia. Profumatamente pagato: non soltanto il gettone di 2mila euro al mese da consulente della stazione appaltante del Cara, ma anche – come ammette (o millanta) in un’intercettazione, «su Mineo mi davano 10mila euro al mese, come, diciamo così, contributo».
Già vice capo di gabinetto del sindaco di Roma Walter Veltroni, ex capo della polizia provinciale di Roma con Nicola Zingaretti, il peso di Odevaine, scrivono i pm romani, «risiede nell’essere appartenente al Tavolo di coordinamento nazionale insediato presso il Ministero dell’Interno-Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione». Ed è lui l’anello di congiunzione fra “Mafia Capitale” e le inchieste a cui lavorano i magistrati della Dda di Catania e della Procura di Caltagirone, a partire dalle carte che riguardano il centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo, nell’ex “Residence degli Aranci” che ospitava i marines americani. Odevaine, secondo i magistrati, era a libro paga di Massimo Carminati, il capo della “cupola nera”, perché capace di indirizzare l’assegnazione dei migranti dal Cara di Mineo in altri centri di accoglienza di imprenditori ritenuti “amici”. «Luca Odevaine – dettagliano i pm di Roma – senza ambiguità, proprio in forza di quel ruolo che artatamente era riuscito a custodire, confidava al commercialista (Salvatore Buzzi, riferimento di Carminati) la sua capacità di orientare i flussi dei migranti transitanti per Mineo, verso centri di accoglienza vettori di suoi privati interessi». E nelle migliaia di pagine dell’ordinanza allegano un’intercettazione del diretto interessato, in cui ammette che «avendo questa relazione continua con il Ministero sono in grado un po’ di orientare i flussi che arrivano da giù, anche perché spesso passano per Mineo e poi vengono smistati in giro per l’Italia: se loro c’hanno strutture che possono essere adibite a centri per l’accoglienza da attivare subito in emergenza senza gara. Le strutture disponibili vengono occupate: e io insomma gli faccio avere parecchio lavoro».
Ma come comincia il rapporto di Odevaine con quello che l’ex terrorista dei Nar affiliato alla Banda della Magliana Massimo, Carminati, parlando del business dei centri d’accoglienza definisce «il posto più grosso, gigantesco»? L’uomo-chiave di “Mafia Capitale” entra nel gruppo dirigente del Cara il 24 maggio del 2013: viene nominato esperto consulente del Consorzio Terre d’Accoglienza su indicazione dell’allora presidente della Provincia, Giuseppe Castiglione, oggi sottosegretario all’Agricoltura e coordinatore regionale dell’Ncd. Per quell’incarico, Odevaine percepirà 8.217 euro fino al dicembre 2013. Poi l’incarico è stato prorogato, per essere quindi riconfermato il 7 gennaio del 2014 dal sindaco di Mineo, Anna Aloisi (Ncd), ex collaboratrice del Cara come avvocato, e nuovo presidente del consorzio Calatino Terre d’Accoglienza, oltre che consulente legale di Alitalia: questa volta il contratto per Odevaine è triennale, fino al 31 dicembre 2016, al costo di 11.712 euro, più i rimborsi spese. Odevaine viene indicato pure fra i tre componenti della commissione che aggiudica, nel luglio 2014, la gara dei servizi del Cara di Mineo: un appalto da 97 milioni di euro che vede arrivare una sola offerta “valida” con un ribasso di appena l’1%. A vincere è il consorzio “Casa della solidarietà”, dietro il quale ci sono gli stessi soggetti che già dal 2011 gestiscono (con un flusso stimato in almeno altri 100 milioni) i servizi del Cara: tra gli altri la Sisifo, legata a Legacoop, la Cascina Global Service vicina a Comunione e liberazione, e la Pizzarotti, azienda di Parma proprietaria degli immobili del Cara di Mineo, piuttosto ignorati dal mercato immobiliare (sulla Statale Catania-Gela ci sono ancora i cartelli, sbiaditi, con la proposta di affitto) prima che arrivasse la manna dell’emergenza immigrazione.
I magistrati romani, ma anche quelli siciliani, dovranno far luce sui rapporti con alcuni esponenti politici siciliani che compaiono nelle intercettazioni ma che non sono in atto coinvolti né tantomeno indagati. Castiglione, tirato in ballo per la prima volta dall’edizione palermitana diRepubblica, ha più volte smentito qualsiasi rapporto borderline con Odevaine, sottolineando come «ci siamo trovati a gestire un’emergenza eccezionale, quella degli sbarchi e dell’enorme flusso di migranti, dando risposte concrete ed efficaci che tutti sembrano aver dimenticato in nome di ricostruzioni e legami che non hanno alcun fondamento». Ricordando che «Odevaine l’ho trovato a Roma al tavolo, era capo della polizia provinciale. Poi lo confermai nel tavolo di coordinamento nazionale. Era un esperto nel settore ed era stato capo di gabinetto del sindaco di Veltroni». In un passaggio delle carte romane viene fuori anche il nome parlamentare catanese del Pd, Anna Finocchiaro, anch’essa del tutto estranea all’inchiesta. «Non ci saranno altre offerte cioè, con chi stanno parlando, si sono tenuti tutti alla larga da Mineo perché è troppo complessa, cioè non è venuto nessuno venerdì», sostiene Odevaine parlando con Carmelo Parabita, «A me – aggiunge – m’ha detto Salvatore Buzzi che è andato a parlare dalla Finocchiaro». Poi aggiunge: «E la Finocchiaro gli ha detto “lascia perdere quella gara è già assegnata”». La senatrice del Pd ha smentito ogni incontro con Buzzi, non ci sono riscontri da parte dei pm romani.
Eppure il lavoro più complicato dei magistrati siciliani non sarà quello di riscontrare alcuni spunti aperti dalle carte romane. Perché in questo filone sull’asse Catania-Caltagirone si dovrà far luce su un’altra serie di elementi. Alcuni citati nell’inchiesta “Mafia Capitale”, come l’ultima gara d’appalto per la gestione del Cara: un bando definito «manifestamente illegittimo» al Sole-24Ore da una fonte dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici. Gara sulla quale, così come sulle altre contestate da partecipanti esclusi, i vertici del Consorzio calatino rispondono ostentando «certezza sul rispetto delle regole». Ma sono altri, i piccoli e grandi vasi di Pandora che dovranno essere esplorati dalla Dda catanese. A partire dalla ricostruzione del gioco di scatole nelle coop riconducibili quasi sempre agli stessi soggetti e dall’ipotesi di “parentopoli” nelle assunzioni e nelle aperture di società per gestire l’accoglienza e i servizi sul territorio; senza tralasciare il potenziale coinvolgimento “trasversale” di esponenti politici e sindacali non soltanto del Calatino, ma molto conosciuti a livello provinciale e regionale. Oltre a incarichi, contratti, consulenze, sagre, sponsorizzazioni e altri affari sui quali alcuni – tra cui il sito Sudpress – hanno già fatto i conti in tasca al Cara. E adesso, se Roma sembrava parecchio lontana da Mineo, Catania e Caltagirone sono dietro l’angolo da questo meraviglioso “hotel a 5 stelle” che ospita gli ignari migranti. Dove, oltre ai legami col caporalato con gli “ospiti” impegnati a 15 euro al giorno nelle campagne della zona, aleggia anche il fantasma della mafia. Capitale? No: locale.
Ma. B.
twitter: @MarioBarresi

15/01/2015

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Foto premiata

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Azienda ragusana all’asta per fallimento, titolare non accetta e la demolisce

RAGUSA

>>>ANSA/ FIRENZE: RENZI GUIDA RUSPA E DEMOLISCE EX DISCOTECA

L’azienda è stata messa all’asta per 408 mila euro, ma il titolare Corrado Giuca si è rifiutato di cederla. “Piuttosto demolisco tutta la struttura”

Oggi l’imprenditore di Pozzallo, titolare dell’azienda di marmi con 30 dipendenti, ha accolto l’ufficiale giudiziario che doveva formalizzare il passaggio al nuovo acquirente con una pala meccanica che ha abbattuto un muro del capannone. Corrado Giuca non vuole cedere la sua azienda. “Tutt’al più demolisco tutta la struttura” ha detto l’imprenditore.

L’ufficiale giudiziario è stato costretto a rinviare l’insediamento del nuovo acquirente.

(ANSA)

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