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ECCO TUTTI GLI ARRESTATI

Droga, fiumi di cocaina dalla Spagna
Smantellato traffico internazionale

Martedì 18 Settembre 2012 – 07:56 di 

Importazione e spaccio di cocaina e hashish. Blitz antidroga a Palermo. Scattano le manette per dieci persone. ECCO I NOMI E LE FOTO DEGLI ARRESTATI.

PALERMO- Fiumi di hashish e cocaina arrivavano a Palermo tramite due corrieri stranieri, uno spagnolo ed uno olandese, e venivano gestiti dai clan mafiosi dello Sperone e di Brancaccio. Gli intermediari si muovevano invece nelle città di Bologna e Napoli, confermando per l’ennesima volta come il capoluogo campano sia fonte d’approvvigionamento per le piazze di spaccio palermitane dietro le quali si cela Cosa nostra. Una vera e propria organizzazione internazionale di trafficanti di sostanza stupefacente è stata sgominata dai poliziotti della sezione Antidroga della squadra mobile, in collaborazione con la Direzione centrale Servizi antidroga e la Direzione centrale Anticrimine, dando esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelate in carcere emessa dal gip Riccardo Ricciardi sulla richiesta della Dda di Palermo, nei confronti di dieci persone.Sei i palermitani arrestati nel corso dell’operazione “Letium 2”, seguito del blitz del 2009 durante cui vennero a galla pure i luoghi d’incontro degli spacciatori. Tra questi, il ristorante “Letiom” di piazza Don Bosco, di cui era socio Sergio Leta, noto istruttore sportivo palermitano di 35 anni che fu colto in flagranza di reato e ai tempi arrestato. Nel secondo filone dell’indagine a finire in manette sono: Antonino Palazzotto, 44 anni, Salvatore Inzerra, 45 anni, Agata Fragali, 61 anni, Antonino Sala, 28 anni; Rosa Fragale, 52 anni e Francesco Purì. Vincenzo Di Guida, 41 anni, appartiene invece alla banda che faceva capo alla fonte di approvvigionamento napoletana, insieme a Luigi Ronga, 33 anni. Josè Ramon Castro Pena, 42 anni, spagnolo, era d’altro canto, uno dei referenti per i canali stranieri della droga da importare, processo durante il quale veniva coinvolta anche la città di Bologna, città di cui è originario Raul Tassinari, 37 anni, pure lui finito in arresto nel corso del blitz.Operazione che nasce quindi dai movimenti di Leta, che tre anni fa comincia a ricevere telefonate – al ristorante ma anche sul proprio cellulare – da parte i clienti della Palermo bene che richiedono la droga. E così, “un tavolo da cinque” indicava una determinata quantità di cocaina, così come gli altri tipi di ordinazioni rigorosamente in codice. Ed è proprio attraverso i suoi contatti che vengono a galla i nomi di Inzerra e di due corrieri stranieri, tra cui lo spagnolo Castro Pena. Inzerra risulta subito un “veterano” nel traffico della droga: una vecchia conoscenza delle forze dell’ordine, coinvolto a giugno, nell’operazione “Monterrey”. In quel caso Inzerra collaborò all’importazione del “forno della droga” che custodiva cinque quintali di cocaina provenienti dal Messico. E Inzerra è lo stesso che gli inquirenti definiscono come uno dei principali referenti della droga legato alla famiglia mafiosa di Brancaccio. Più di centoquindici, invece, i chili sequestrati, tra hashish e cocaina.

Ultima modifica: 18 Settembre ore 14:19
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Mafia e appalti

Nel Messinese, i nomi degli arrestati

Mafia e appalti: 15 arresti
Sequestri per 15 milioni

Martedì 24 Luglio 2012 09:24 di

Associazione mafiosa, omicidio, estorsioni e intestazione fittizia di beni, aggravati dalle finalità mafiose. Con queste accuse i carabinieri stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare contro il clan di Barcellona Pozzo di Gotto.

Ancora una triade, ancora un accordo base di spartizione del territorio e l’asse criminale si ricompone. Palermo-Messina-Catania, le tre città siciliane riconfermano gli assetti organizzativi delle grandi famiglie che gestiscono il crimine organizzato sull’Isola in materia di appalti pubblici ed estorsioni. Con l’operazione Gotha 3, scattata all’alba di stamani con 15 arresti ed il sequestro di beni per 15 milioni di euro, i carabinieri del Ros, coordinati dalla Dda di Messina, procuratore capo Guido Lo Forte (nella foto) in testa, e poi Angelo Cavallo, Fabio D’Anna, Giuseppe Verzera e Vito di Giorgio, hanno snodato la trama criminale intessuta da tre clan mafiosi.Secondo la ricostruzione degli inquirenti, sotto la regia della cosca palermitana, al tempo capeggiata dal boss Salvatore Lo Piccolo era nata la triade, composta dallo stesso Lo Piccolo, dal boss barcellonese Tindaro Calabrese e da quello catanese, Angelo Santapaola. Tre nomi eccellenti del crimine per stabilire un patto: la spartizione di tutti gli appalti che ricadevano sul territorio di competenza dell’uno o l’altro, o l’altro ancora.

Ma se la mafia siglava accordi criminali, lo Stato non rimaneva immobile. Il procuratore capo Lo Forte, infatti, parla di un progetto investigativo, sorto tra la procura di Messina ed i Ros, il gruppo anticrimine dei carabinieri, ideato per accertare i vari collegamenti esistenti tra le famiglie mafiose. E’ dall’arresto del boss palermitano Salvatore Lo Turco che prende il via il progetto. Vengono ritrovati pizzini nel suo covo, che una volta decodificati svelano l’esistenza della triade.

Si scopre anche che l’accordo base prevedeva, tra l’altro, anche un rapporto di mutua assistenza tra i “firmatari”: gli affiliati di uno dei tre clan, se latitanti, venivano “ospitati” sul territorio “amico”. Un’intercettazione rivela che a favorire la latitanza a Capo D’Orlando del braccio destro di Lo Piccolo, Gaspare Pulizzi, reggente della famiglia mafiosa di Carini, sarebbe stato, su mandato di Calabrese, l’imprenditore Giovanni Bontempo. Ed ancora, un pizzino svela che Santapaola e Calabrese (Catania-Barcellona), si erano suddivisi gli appalti di zona e il giro di estorsioni.

C’era una figura d’eccellenza, tra loro, un personaggio carismatico, di cultura, uno sfuggito ai rigori della legge per un soffio: l’avvocato barcellonese Rosario Pio Cattafi. Già indagato nel passato perchè ritenuto vicino al crimine organizzato, sempre assolto o destinatario di richieste di archiviazione, per gli inquirenti Cattafi sarebbe il trait d’union tra la famiglia catanese e quella del Longano. Due pentiti catanesi dicono dell’avvocato, che godesse del rispetto dei Santapaola. Dicono che con questi ultimi e Giuseppe Gullotti, il boss di Barcellona, Cattafi partecipasse a summit di mafia nel catanese, nei locali dell’impresa Conti. A lui lo scorso anno furono sequestrati beni per sette milioni di euro. E sempre su di lui, in passato, cadde l’accusa di traffico d’armi.

Con l’operazione Gotha 3, dunque, sarebbe stato decapitato il crimine organizzato di Barcellona. Le indagini, inoltre, hanno permesso di far luce su un triplice omicidio avvenuto in quella zona nel ’93, quando, nella notte tra il 3 ed il 4 settembre, furono uccisi Sergio Raimondi, Giuseppe Martino e Giuseppe Geraci, tre ragazzi, tre “cani sciolti” che, compiendo rapine in proprio, erano sfuggiti al controllo della “famiglia”. I quindici milioni di euro sequestrati nel corso dell’odierna operazione fanno capo agli imprenditori Giovanni Bontempo, Carmelo Giambò e Giuseppe Triolo. Tra gli arrestati anche un bancario messinese, Sergio D’Argenio. Secondo l’accusa, in cambio di una agevolazione per fare ottenere finanziamenti richiesti da imprenditori alla banca per cui lavorava, la Popolare di Lodi, avrebbe imposto il versamento a suo favore di due bonifici di mille euro ciascuno e, in altri casi, il dono di due microcar o, a saziare appetiti di gola, di sostanziosi quantitativi di tonno o ostriche.

Gli arrestati. Le persone alle quali i carabinieri hanno notificato stamani le ordinaze di custodia cautelare sono l’imprenditore Giovanni Bontempo, 35 anni, il boss Tindaro Calabrese, 39 anni, Antonino Calderone, 37 anni, Salvatore Campanino, 48 anni, Agostino Campisi, 51 anni, l’avvocato Rosario Pio Cattafi, il funzionario di banca Sergio D’Argerio, 52 anni, il boss Carmelo Giambò, 41 anni, il boss Giuseppe Isgrò, 47 anni, Giusi Lina Perdichizzi, 37 anni, il boss Giovanni Rao, 51 anni, Roberto Ravidà, 57 anni, Giuseppe Ruggeri, 47 anni, Carmelo Trifirò, 40 anni e Giuseppe Triolo, 36 anni. A Calabrese, Trifirò, Campisi, Giambò e Isgrò il provvedimento è stato notificato in carcere. Sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, omicidio ed estorsione.

Le società sequestrate
Il sequestro di 15 milioni di euro operato oggi dai carabinieri ha riguardato nove società riconducibili agli arrestati Carmelo Giambò, Giovanni Bontempo e Giuseppe Triolo. Si tratta delle srl Nilo Costruzioni, Biebi, Operis costruzioni, Sicilcasa, Euromare, Edil Sicilia, Ng Costruzioni, della snc Tg Trasporti di Triolo Giuseppe & C. e delle imprese individuali Perdichizzi Giusy Lina e Giambò Carmelo. Sull’operazione è intervenuto anche Giuseppe Scandurra della direzione nazionale delle associazione antiracket e antiusura: “Mi complimento con quanto fatto dalla Procura di Messina, dalla Dda e dai carabinieri che hanno messo a segno un’importante operazione antimafia confiscando anche beni per 15 mln di euro. L’aggressione ai beni e ai patrimoni della criminalità organizzata è la strategia vincente per sconfiggere i clan. Auspichiamo che come richiesto anche recentemente dal capo della Procura di Messina Guido Lo Forte quanto prima sia realizzata anche a Messina una sezione collegiale dedicata esclusivamente alle misure di prevenzione”. Soddisfatto anche il procuratore Lo Forte: “Con questa operazione – ha detto – sono più chiari i rapporti tra i clan palermitani e messinesi”. Dello stesso parere Leonida Primicerio, della procura nazionale antimafia che ha sottolineato come “la preziosa sinergia tra reparti speciali e locali delle forze dell’ordine faccia conquistare grandi risultati”.

Ultima modifica: 24 Luglio ore 18:43
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