Archivi del mese: Gennaio 2015

E’ Marcello Cardona il nuovo Questore di Catania

PASSAGGIO DI CONSEGNE

E' Marcello Cardona il nuovo Questore di Catania

Giovedì 08 Gennaio 2015 – 15:39 di
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Cardona proviene dalla Questura di Livorno. E’ un giornalista pubblicista ed ex arbitro di calcio. Longo andrà a Torino. A dare la notizia è il sindacato Coisp attraverso una nota.

CATANIA – Marcello Cardona sarà il nuovo Questore di Catania, sostituirà Salvatore Longo che andrà a Torino. A dare la notizia è il sindacato di polizia Coisp che in una nota sollecita il nuovo dirigente ad “occuparsi seriamente di alcune problematiche serie che attengono alla sicurezza dei poliziotti catanesi e dei consociati”.

Classe 1956, sposato e padre di due figlie, laureato in giurisprudenza, giornalista pubblicista ed ex arbitro di calcio. Cardona proviene dalla Questura di Livorno. E’ entrato nella polizia di Stato nel 1981, dove ha ricoperto vari incarichi, come quello di dirigente della Squadra Mobile della questura di Sondrio. Per diversi anni ha lavorato a Milano, alla Criminalpol. A Roma, all’Ucigos, si è occupato di terrorismo internazionale. Nel 1999 fu assegnato all’Ispettorato di Polizia della Camera dei Deputati, svolgendo contestualmente il ruolo di funzionario di collegamento presso la Commissione Antimafia. Ha lavorato anche all’Ufficio delle politiche antidroga della Presidenza del Consiglio.

Il Coisp elenca le molte le patate bollenti a cui dovrà far fronte Cardona, a partire dalla “bomba ad orologeria” del Cara di Mineo. Il sindacato poi snocciola problemi di natura organizzativa e di risorse. “Problematica parco auto – ad esempio, si legge nella nota –  moto della Squadra Mobile e degli altri Uffici di Polizia”, ed inoltre le “condizioni pietose in cui vivono i colleghi di Librino “. E poi il segretario Alessandro Berretta chiede al neo Questore di farsi portavoce del “trasferimento a Villa Nitta del Commissariato di Librino”.

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Ultima modifica: 08 Gennaio ore 15:55
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Incidente sulla Statale 284 Il bilancio è di cinque feriti

ULTIM’ORA

Giovedì 08 Gennaio 2015 – 22:48 di
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Coinvolte due auto con a bordo una intera famiglia di Biancavilla ed un giovane adranita. (Foto Video Star)

PATERNO’. Violento incidente sulla Statale 284, nella serata di oggi poco dopo le ore 20. All’altezza di Scalilli, in territorio di Paternò. Due auto hanno finito con lo scontrarsi frontalmente. Tutta da definire la dinamica di un incidente drammatico che ha fatto cinque i feriti: si tratta di una famiglia di Biancavilla a bordo di un Fiat Uno e di un giovane di Adrano che si trovava, invece, alla guida di una Citroën. Sul posto, sono giunte tre ambulanze che hanno trasportato i feriti negli ospedali di Paternò e Catania. Sono stati i Vigili del Fuoco ad estrarre dalle due auto le persone coinvolte nell’incidente.

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Mafia Capitale, M5s lancia “Notte onestà” con Fedez, Santamaria e Imposimato

IlFattoQuotidiano.it / Politica & Palazzo

Mafia Capitale, M5s lancia “Notte onestà” con Fedez, Santamaria e Imposimato

Politica & Palazzo
L’evento in programma a Roma il 24 gennaio prossimo. Gli ospiti leggeranno ad alta voce stralci delle intercettazioni nell’ambito dell’inchiesta che ha visto 35 arrestati e oltre 100 indagati

Claudio Santamaria, ma anche Sabina Guzzanti, Salvatore Borsellino, Fedez, Ferdinando Imposimato, Enrico Montesano, Claudio Gioè. E’ questa la lista degli ospiti della “Notte dell’onestà”, organizzata il 24 gennaio prossimo a Roma (ore 17 piazza SS Apostoli) dal Movimento 5 stelle per “accendere o meglio non spegnere i riflettori sullo scandalo di Roma Capitale”. Un evento pensato dai delegati del direttorio grillino e che vedrà vari ospiti leggere ad alta voce stralci delle intercettazioni dell’inchiesta che ha visto 35 arrestati e oltre cento indagati tra cui l’ex sindacoGianni Alemanno.

Tra i volti noti che promuovono l’iniziativa c’è proprio Santamaria: “Ho fatto un film”, ha detto, “che si chiama ‘Romanzo Criminale’e sembra che questo film non sia ancora finito. Bisogna essere lì per non dimenticare, e penso che tre tipologie di persone non saranno presenti quella sera: quelli che stanno male, i disonesti, e i dormienti. Quindi se siete svegli, se volete svegliarvi, tra coscienza e consapevolezza, e dire ‘io sono onesto’ e voglio eliminare la disonestà, venite”.

Di Battista, Di Maio e gli altri sono al lavoro per avere l’ok degli altri attori del cast, del film nonché della serie tv. Sul palco della Notte dell’onestà ci sarà anche Claudio Gioé, volto noto del piccolo e grande schermo grazie ai Cento passi e alle miniserie Paolo Borsellino e Il capo dei capi. L’idea è di affidare la lettura delle intercettazioni di Buzzi e Carminati a Santamaria e gli altri, come se si trattasse di un copione cinematografico.

“E’ un evento”, ha detto Luigi Di Maio, “che cerca di spiegare al Paese e a tutti che i fatti di Mafia Capitale non sono finiti, sembrano già dimenticati invece sono ancora di attualità, su cui bisogna portare l’attenzione per cacciare i mafiosi e i disonesti da Roma”.

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Studenti riprendete le regolari lezioni

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L’amico di Giuseppe Di Mulo eletto alla Commissione Bicamerale per le questioni regionali

NUOVI INCARICHI

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Gianpiero D’Alia eletto alla Commissione Bicamerale per le questioni regionali

Deputato messinese, presidente nazionale dell’UDC. Appena tre giorni fa l’intervista ai microfoni di SUD dove si diceva scettico in merito al commissariamento della Regione Sicilia. Oggi per lui l’elezione a presidente della Commissione competente proprio alle questioni d’interesse regionale

 “Sono certo che da siciliano D’Alia saprà valorizzare il ruolo delle Regioni in modo tale da affrontare, serenamente e senza pregiudizi, il tema del loro futuro”.

    Lo afferma il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Giovanni Ardizzone, commentando l’elezione a presidente della Commissione bicamerale per le questioni regionali di Gianpiero D’Alia.

La notizia è di stamattina alle 9 e sui social si affollano i commenti e i messaggi di auguri per il nuovo incarico all’interno della commissione nella quale è impegnato già dal 20 dicembre.

Gianpiero D’Alia si occuperà di guidare la Commissione parlamentare di natura bicamerale istituita nel 1953 il cui ruolo è quello di vigilare e pronunciarsi sulle questioni afferenti le politiche regionali: è questo l’organo interpellato  allorché debbano essere disposti lo scioglimento del Consiglio regionale o la rimozione del presidente della Giunta regionale nel caso in cui abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge.

E proprio sulla polemica per il commissariamento della Regione Sicilia e su altri importanti temi di attualità Sud lo aveva intervistato lo scorso 5 gennaio. Grandi opportunità, importanti operazioni di trasparenza e necessità di riforme: erano state queste le parole chiave del suo discorso nel corso dell’intervista.

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Corruzione, 22 arresti a Roma. Tangenti sulle fogne. In carcere funzionari pubblici

IlFattoQuotidiano.it / Giustizia & Impunità

Corruzione, 22 arresti a Roma. Tangenti sulle fogne. In carcere funzionari pubblici

Giustizia & Impunità
Alcuni degli arrestati lavorano negli uffici tecnici di alcuni Municipi di Roma Capitale e in una Asl. La Procura della Repubblica di Roma ha disposto misure cautelari a carico di 28 persone. Tangenti per il rilascio delle autorizzazioni per gli allacci alla rete fognaria

Avrebbero omesso di rilevare gli abusi riscontrati nel corso delle ispezioni e avrebbero commesso numerose irregolarità nella gestione delle pratiche per il rilascio delle autorizzazioni per gliallacci alla rete fognaria. Con queste accuse i finanzieri del nucleo speciale tutela dei mercati hanno arrestato dieci funzionari pubblici (alcuni impiegati del XIV municipio, altri riconducibili alla Asl Roma E).

Sotto indagine sono finiti anche tredici imprenditori e cinque liberi professionisti che, a vario titolo, avrebbero fatto parte del sistema criminale individuato dalla procura di Roma. L’indagine è durata diversi mesi e ha consentito agli inquirenti di scoprire, anche grazie a intercettazioni telefoniche, il pagamento di mazzette ai funzionari che si recavano per i controlli nei cantieri e, addirittura, di tangenti preventive pagate ogni volta che veniva aperto un nuovo cantiere.

Le accuse per i funzionari dello Spresal dell’Asl Roma E invece si riferiscono alle mancate contestazioni sulle irregolaritàrelative alle norme sulla sicurezza negli ambienti di lavoro. Ventotto in totale misure cautelari, di cui 22 arresti, mentre 40 sono state le perquisizioni effettuate in uffici pubblici, abitazioni e studi privati. Tutto è iniziato con alcuni episodi corruttivi che vedevano coinvolti alcuni funzionari al lavoro presso l’Ispettorato edilizio del XIV Municipio di Roma Capitale, l’inchiesta poi si è allargata.

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Consoli: “Ci rivarremo sul patrimonio di Mazzei e dei suoi affiliati”

MAFIA

consoli

Il vicensindaco di Catania, Marco Consoli, in merito al sequestro di 8 milioni di euro al latitante Mazzei, ha dichiarato: “Bene, sono contentissimo, il Comune di Catania ,come disposto dal Giudice penale, presenterà, in sede civile, il conto al Clan Mazzei”

“L’assessore Giuseppe Girlando ed io, su mandato del Sindaco Enzo Bianco, c’eravamo costituiti parte civile nel processo contro il Clan. Tutti condannati. Su questi 8 milioni di euro, come su altri patrimoni degli affiliati, ci rivarremo per i danni morali e di immagine che la Città di Catania ,in tutti questi anni , ha subito da Mazzei e dai suoi sodali. Noi istituzioni insieme alla società civile siamo più forti”.

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Sequestrato il tesoro dei Carcagnusi. Sigilli ai beni del latitante Nuccio Mazzei

GUARDIA DI FINANZA

Mercoledì 07 Gennaio 2015 – 09:42
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La Sezione Misure di Prevenzione ha disposto la confisca di 4 immobili, 3 veicoli, significative quote relative a una società catanese e a una bergamasca, conti correnti, quote di fondi di investimento, dossier titoli, polizze risparmio e crediti.

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CATANIA – I finanzieri del Comando Provinciale di Catania, in esecuzione di un provvedimento emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del locale Tribunale, hanno sottoposto a sequestro il patrimonio, di circa 8 milioni di euro, illecitamente accumulato da Sebastiano (“Nuccio”) Mazzei – figlio di Santo Mazzei, detenuto al 41-bis, considerato uomo d’onore vicino ai noti mafiosi Bagarella e Brusca – reggente della famiglia mafiosa dei cosiddetti “Carcagnusi” attiva a Catania, ma con diramazioni anche nel Nord Italia. Nell’aprile dello scorso anno il Mazzei – colpito insieme ad altri 10 soggetti appartenenti al sodalizio criminale da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nel quadro dell’operazione “Scarface”, condotta dalla Fiamme Gialle catanesi – si era sottratto all’arresto.

Nell’ambito delle indagini era, in particolare, emersa la diretta gestione, da parte di Sebastiano Mazzei e dei suoi più stretti collaboratori, degli affari dei “Carcagnusi”, consistenti nel reinvestimento dei proventi derivanti dalle attività illecite (non solo estorsioni, ma anche bancarotte aggravate dal metodo mafioso) nel circuito legale, attraverso l’acquisto di attività economiche, tutte fittiziamente intestate a prestanome.

Sulla scorta delle evidenze raccolte, i militari del Nucleo di Polizia Tributaria di Catania, coordinati dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia, hanno, quindi, avviato una mirata indagine patrimoniale nei confronti del Mazzei e del suo nucleo familiare allo scopo di sottrarre alla disponibilità degli stessi i beni illecitamente accumulati e, nel contempo, “stringere il cerchio” attorno al fuggitivo, privandolo delle risorse finanziarie che possono sostenerne la latitanza.

Tutto ciò nella consapevolezza che tra le misure più efficaci di contrasto alla criminalitàorganizzata vi è certamente quella dell’aggressione dei profitti derivanti dalle attività illecite già immessi nel circuito economico legale. Le investigazioni – condotte anche attraverso l’utilizzo di sofisticati software sviluppati dalla Guardia di Finanza per l’analisi di tutte le informazioni disponibili nelle banche dati – hanno consentito di individuare beni mobili e immobili illecitamente accumulati dalla famiglia Mazzei e di proporne alla competente A.G. il sequestro.

La Sezione Misure di Prevenzione ha così disposto la confisca di 4 immobili siti in Catania, 3 veicoli, significative quote relative a una società catanese e a una bergamasca, conti correnti, quote di fondi di investimento, dossier titoli, polizze risparmio e crediti per un controvalore complessivo valutabile intorno agli 8 milioni di euro.

La nota di Addipizzo. Addiopizzo Catania esprime soddisfazione per il duro colpo da oltre 8 milioni di euro inflitto dalla DDA etnea e dal Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catania al patrimonio del latitante reggente dei “carcagnusi”, Nuccio Mazzei. L’aggressione ai patrimoni mafiosi è arma vincente nella lotta alla criminalità organizzata ma a questa deve necessariamente aggiungersi, con urgenza, sia una riforma in materia di gestione di aziende confiscate sia l’immediata nomina del Consiglio Direttivo dell’Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati.

Ultima modifica: 07 Gennaio ore 10:49
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Tremano imprenditori e politici I processi e gli imputati del 2015

PALAZZO DI GIUSTIZIA

Mercoledì 07 Gennaio 2015 – 05:48 di
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Alla sbarra anche spietati killer, trafficanti di droga, estortori e usurai dei clan catanesi.

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CATANIA – Le aule del Palazzo di Giustizia saranno protagoniste in questi dodici mesi targati 2015. Alla sbarra colletti bianchi, politici e imprenditori ma anche trafficanti di droga e boss di primo piano dei più pericolosi clan catanesi.

E’ ci sarà ancora Raffaele Lombardo a riempire le pagine di cronaca giudiziaria di Catania:dovrebbe aprirsi entro l’anno il processo in appello dopo la sua condanna in primo grado a sei anni per mafia. Il leader del Movimento per l’autonomia sta affrontando anche le udienze insieme al figlio Toti, deputato regionale, a Ernesto Privitera, Angelo Marino e Giuseppe Giuffrida. A rappresentare l’accusa sono il pm Lina Trovato e Rocco Liguori. Gli imputati si devono difendere dal reato di voto di scambio.Posti di lavoro in cambio di consensi utili all’elezione di Toti Lombardo all’Assemblea Regionale Siciliana durante le Regionali del 2012.

Il 26 gennaio (salvo altri rinvii) il consigliere comunale di Catania Manlio Messina conoscerà il suo destino giudiziario. Il Gup deciderà sulla richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal pm Tiziana Laudani nei confronti del politico e dei suoi datori di lavoro Daniele Agatino Belfiore e Giuseppe Anastasio Privitera. Messina che ha sempre respinto le accuse deve rispondere del reato di truffa aggravata allo Stato per oltre 30 mila euro attraverso il sistema dei rimborsi. L’inchiesta si è mossa sulla falsa riga di quella in cui sono coinvolti tre ex consiglieri provinciali Gianluca Cannavò (PdL), Antonio Danubio (ex capogruppo UDC) e Sebastiano Cutuli anch’egli eletto con l’Udc. Ipotizzato un danno all’ente per circa 500 mila euro. Il processo ha già subito numerosi rinvii anche a causa di fascicoli “non pervenuti”: si riprende a febbraio.

E’ prevista anche per il 26 gennaio l’udienza del processo battezzato dai cronisti MailGateche vede tra gli imputati l’ex rettore dell’Ateneo Antonino Recca e i due dipendenti Antonio Di Maria ed Enrico Commis. Lo scandalo scoppiò nel 2012 all’Università di Catania: dalla posta elettronica dell’ateneo furono inviate email a sostegno della candidatura di Maria Elena Grassi dell’Udc, che poi si ritirò.

E sempre in tema di università potrebbe arrivare entro gennaio la sentenza per Giovanbattista Caruso, l’addetto alla segreteria dell’Ateneo e Giuseppe Sessa, autista dell’Ateneo. I due dipendenti universitari avrebbero creato un sistema di compravendita di esami fantasma alla facoltà di Medicina, permettendo a uno studente di laurearsi. Una laurea annullata da un provvedimento del rettore Pignataro. Per i due imputati che sono accusati a vario titolo di falsità ideologica, associazione a delinquere, corruzione e accesso abusivo a sistema informatico e telematico i pm Tiziana Laudani e Lina Trovato hanno chiesto al Gup la condanna a sei anni di reclusione.

A febbraio prevista la decisione del Gup per i 24 imputati dell’inchiesta Town Hall, o conosciuta come Mascali Gate. Il pm ha chiesto il rinvio a giudizio anche per l’ex presidente del consiglio comunale e l’ex sindaco di Mascali, Biagio Susinni e Filippo Monforte: avrebbero creato un sistema di appalti e tangenti con l’obiettivo di favorire il clan dei Laudani. Contestata è, infatti, l’aggravante mafiosa.

Non si è ancora concluso il processo sul Pta di Giarre. Imputato eccellente è Melchiorre Fidelbo. Il marito della senatrice Anna Finocchiaro è accusato di truffa aggravata ed abuso d’ufficio insieme ai tre funzionari dell’Asp di Catania, Antonio Scavone, Giuseppe Calaciura e Giovanni Puglisi.

E c’è il nome dell’imprenditore Santo Campione, amministratore delegato della Sigenco, tra i dieci imputati del procedimento sulla Fce, che dovranno rispondere, a vario titolo, di frode nelle pubbliche forniture, truffa e falso. Avrebbero utilizzato cemento depotenziato per la realizzazione della subway catanese.

Intreccio tra imprenditori, politica e mafia.Ancora una volta l’illecita connivenza è stata cristallizzata dai Ros nell’inchiesta Caronte, che ha messo in luce anni di controllo, attraverso l’intimidazione dell’affiliazione alla famiglia dei Santapaola Ercolano, dei trasporti su gomma e anche delle famose autostrade del mare. Nel mirino della Procura anche la nascita del Partito degli Autotrasportatori, sponsor di Lombardo alle elezioni. I pm potrebbero depositare entro quest’anno la richiesta di rinvio a giudizio per Enzo Ercolano e company. La Procura ha portato alla sbarra anche i vertici dei Cappello, dei Cursoti, dei Laudani. I killer più spietati, i trafficanti di droga più “ingegnosi”, gli estorsori più pericolosi, dovranno affrontare il giudizio del Tribunale di Catania. In questo filone c’è il processo sulla misteriosa morte di Luigi Ilardo, alcuni dei testi chiavi del processo sulla Trattativa Stato Mafia sono stati chiamati a deporre a piazza Verga.

E terrà banco in questi mesi anche il procedimento contro Giuseppe Saffo. L’ex vertice dell’Anfe Catania, avrebbe ideato un sistema per incassare i soldi destinati alla formazione truffando la Regione. La Procura ha svelato il contenuto del vaso di Pandora: siamo nella fase dell’udienza preliminare.

E’ entrato nel vivo anche il processo sulla truffa ai fondi della Pesca. L’inchiesta Poseidon condotta dal pm Alessandra Tasciotti ha scoperchiato una presunta organizzazione che avrebbe pianificato una solida strategia per intascare illecitamente i contributi stanziati dalla Comunità Europea per il settore ittico.

E in tema di gialli: è al giro di boa il processo contro Salvatore Di Grazia accusato dell’omicidio della moglie Mariella Cimò. Davanti alla Corte d’Assise sfileranno le decine di testi delle difesa: la sentenza non è certo imminente. Ci sarà la requisitoria del pm invece nella prossima udienza per la presunta doppia lupara bianca dell’agriturismo Akis di Aci Sant’Antonio. Il titolare del locale, Rosario Grasso è accusato dell’omicidio di due presunti affiliati dei Laudani, Giuseppe Spampinato e Francesco Grasso.

Ed è un anno importante per l’indagine della Procura Generale sull’omicidio di Valentina Salamone: il Gip Francesca Cercone ha disposto un supplemento di indagine di altri sei mesi. E i Ris di Messina hanno già iniziato gli accertamenti: potrebbe arrivare la svolta sull’inchiesta che finalmente portare la giustizia che da anni chiede la famiglia della 19enne trovata impiccata.

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CARA MINEO: FORZESE REPLICA ALLE “INVENZIONI” DI CASTIGLIONE

 fonte:http://www.qtsicilia.it/2014-11-13-17-22-20/37-il-fatto/1705-cara-mineo-forzese-replica-alle-fandonie-di-castiglione.html

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Non si fa attendere la risposta dell’on. Marco Forzese alle dichiarazioni del sottosegretario Giuseppe Castiglione che lo tira in ballo nella vicenda del CARA Mineo.

Comprendo lo stato di disagio dell’onorevole Castiglione, ma non consento a nessuno di usare il mio nome impropriamente. Consiglio al sottosegretario Castiglione di recarsi dai magistrati per spiegare quale è stato il suo ruolo al Cara di Mineo”.

Inoltre Forzese ci fa capire: che non aveva nessun motivo di presentare l’imprenditore, in quanto nell’intercettazione, Praino stesso afferma che con il suocero di Castiglione, Firrarello, è in ottimi rapporti. Forzese peraltro non è mai stato vicino politicamente a lui, né ha mai avuto questo desiderio.

Non comprende che questo tirare la palla fuori. La domanda che gli fa il giornalista di Sud Press riguarda l’affermazione di Odevain, il quale dichiara che quando venne a Catania Castiglione lo andò a prendere all’aeroporto e andarono a cena insieme aspettando una terza persona, c’era una terza sedia che attendeva l’imprenditore che avrebbe dovuto vincere la gara, questo riferisce Odevain e non altro come vuole fare credere il genero di Firrarello. E’ chiaro che l’imprenditore assente non poteva essere certamente Praino, così come afferma Castiglione, che alla gara non ha mai partecipato, quindi non poteva vincere.

Castiglione si innervosisce molto e afferma fatti confusi, dovrebbe invece dire chi era questo imprenditore di sicuro successo, con serenità e senza incazzarsi alle domande che gli si pongano, non si deve mistificare la realtà e rimanere nel tema con le risposte che da. Ribadisce – Forzese- che comprende le sue difficoltà e il  conseguente stato di enorme nervosismo, ma gli rinnova il consiglio di raccontare ai magistrati come ha amministrato il CARA di Mineo, e non solo quando era lui il soggetto attuatore in prima persona, ma anche in seguito per riacquistere la propria chiarezza”.

Puntuale la ricostruzione di Forzese, che sottolinea come questa a vicenda si fa ancora più torbida intrisa com’è di omissioni, millantato credito e bugie che quotidianamente vengono rilasciate ai media, affermazioni nervose che non fanno altro che gettare, ancor più, ombre pesanti sugli eventi.

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CARA MINEO: LA DIFESA DI CASTIGLIONE PROVOCA ILARITA’, SPIEGHIAMO PERCHE’

Fonte: http://www.qtsicilia.it/2014-11-13-17-22-20/37-il-fatto/1718-cara-mineo-la-difesa-di-castiglione-provoca-ilarita-spieghiamo-perche.html

 

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Sceglie l’inizio anno il sottosegretario Giuseppe Castiglione per esternare le proprie tesi a difesa del suo coinvolgimento nell’inchiesta MAFIA CAPITALE, anche se non formalizzata giudizialmente, coinvolgimento o chiamata in causa che deriva dalla lettura delle intercettazioni fatte dai Carabinieri del ROS e ritenute valide dalla Procura di Roma, tanto che sono state emesse parecchie ordinanze restrittive destinate alla organizzazione criminale romana, per adesso.

Sappiamo peraltro che, per dichiarazione del Procuratore Capo di Roma Pignatone, che vi sono oltre cento indagati i cui nomi sono tuttora sotto riservo, segno questo che le indagini continuano e si cercano riscontri comprovati, come per i primi reclusi, al fine di non avere contestazioni sull’operato della magistratura.

Sappiamo anche che un altro fascicolo di indagine è stato aperto presso la Procura di Caltagirone, che si integra con quello romano, per i fatti specifici accaduti a Mineo. Quindi non bisognerebbe essere sereni se ancora l’iscrizione sul registro degli indagati, forse, non c’è.

Ma poi il rammarico che Castiglione ha nei confronti di certa stampa locale, che si sente “profondamente addolorato perché quelli emersi sono atti delinquenziali, molto amareggiato perché quello che emerge sono atti delinquenziali (della stampa) qualcuno tenta sempre di introdurre elementi che non ci sono nell’inchiesta”.

Ma come non ci sono. Precisiamo solo che le pubblicazioni della stampa locale non sono altro che la semplice trascrizione di ciò che emerge, che c’è scritto, nelle intercettazioni allegate alle ordinanze di custodia cautelare dove il nome di Castiglione ricorre ampiamente e che se queste non sono pertinenti, come ci pare di capire dalle affermazioni di Castiglione stesso, come mai sono state diffuse dalla Procura della Repubblica di Roma? Un motivo ci sarà, perché è vietato riportare intercettazioni non pertinenti al caso.

Ci siamo solo limitati ad analizzare, criticare, interpretare e di seguito fare capire alla gente ciò che era scritto nelle intercettazioni, nelle ordinanze, che la procura ha esternato e non noi nel momento del blitz romano, ove CARA-MINEO veniva disegnato, da quanto si apprende dai colloqui dei criminal-protagonisti, come la ricca sorgente più importante per i loro loschi affari. Era proprio lì che iniziava il business che rendeva più della droga.

Stucchevole affermare che facciamo disinformazione, basata però, guarda caso, su atti ufficiali della magistratura e che per tali notizie che riportiamo siamo giornalai delinquenti. Sarebbe più comoda certamente l’informazione di regime, per lui, quella ossequiante verso il potere.

Ma poi non è solo la stampa locale che si occupa del CARA di Mineo e di Castiglione. In un recente nostro articolo abbiamo riportato, con nostra analisi, un approfondito editoriale del Sole 24 Ore. Ma anche il Corriere della Sera, La Stampa, Repubblica, il Messaggero, il Fatto Quotidiano si sono interessati di Giuseppe Castiglione ed hanno scritto tutti le cose che noi locali cerchiamo di meglio spiegare, a prova di cretino. Per non parlare poi delle interrogazioni parlamentari che hanno proprio lui e i suoi danti causa per oggetto.

Tutto un complotto della stampa? Ridicolo fare capire che sia così. Come è ridicola l’affermazione che il 40% dei voti alle elezioni presi a Mineo dal NCD sia una polemica sterile. Come affermare che il consenso drogato dal bisogno di lavoro, risolto con l’assunzione al CARA, sia uno scambio legittimo.

Probabilmente Castiglione non avrà agito personalmente, questo lo crediamo possibile. Bisognerebbe capire invece chi siano state le lunghe mani che hanno fatto fare le assunzioni del personale, “imposto” forniture, affidato incarichi. Insomma chi sono i FACILITATORI locali, cerniere tra politica e affari, che hanno agito? Oltre Odevain, intendiamoci, nominato due volte, in funzioni diverse, proprio da Castiglione. Quell’Odevain che, oltre a tutto il resto, faceva anche vincere le gare, forse, con qualche complicità locale essendo lui venuto “dal continente”, bagaglio a seguito.

Perché tutte le strade di responsabilità di politica gestionale conducono verso il Nuovo Centrodestra, partito di Alfano, ministro dell’Interno? O a Comunione e Liberazione del ministro Lupi?

Perché invece di citare l’appello della chiesa e la missione umanitaria interiore che ha esercitato, non ci spiega Castiglione come ha conosciuto il presunto criminale Odevain e chi glielo ha “consigliato”? Oppure lo ha trovato sulle Pagine Gialle alla voce polizia provinciale di Roma?

Perché non ci racconta la famigerata cena con lo stesso Odevain, quali argomenti affrontati, ma soprattutto chi era il convitato di pietra che avrebbe dovuto occupare la sedia vuota destinata al futuro vincitore del terzo appalto milionario per la gestione del CARA di Mineo?

Questi gli argomenti che vogliamo che chiarisca, ma che invece in tutti gli interventi che fa non sfiora nemmeno?

Ora può essere che tutti questi loschi personaggi millantassero rapporti con le istituzioni? Anche se poi i risultati delle previsioni che facevano arrivavano regolarmente? Può essere verosimile l’affermazione che i politici e/o gli imprenditori, ai vari livelli di responsabilità, amministrassero il centro non sapendo nulla di ciò che accadeva? Neanche noi eterni Peter Pan che non dubitiamo delle favole, possiamo credere a questa raccontata da Castiglione nel video allegato, troppo inverosimile, ci sembra più una difesa d’ufficio necessaria, ma mal posta.

Potrebbe Castiglione, però, essere una vittima del mondo di mezzo e del mondo di sopra e che ha dovuto eseguire ordini che provenivano proprio dall’alto, da Roma Capitale per intenderci.

Noi pensiamo che tutta la vicenda non finisca bene per chi è stato dentro questo sistema risultato poi delinquenziale: Mafia Capitale e… calatina.

Il tempo darà ragione a noi disinformatori o a Castiglione offeso e rammaricato, adesso, ma non fino a qualche mese fa.

CHI E’ CAUSA DEL SUO MAL PIANGA SE STESSO, invece di diffamare e denigrare gli operatori dell’informazione.

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“L’affare immigrazione”: un business da 600 milioni di euro

“L’affare immigrazione”: un business da 600 milioni di euro

12 agosto 2014 | scritto da Maria Borgia | letto 1044 volte
“L’affare immigrazione”: un  business da 600 milioni di euro

LA TARANTOLA…
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L’operazione Mare Nostrum ,tanta voluta quanto osteggiata sia politicamente che ideologicamente , ha potuto salvare migliaia di persone  ma l’ombra del sospetto  ha fatto intravedere  ultimamente strani  interessamenti  ai numeri da capogiro che ha generato   “l’affare immigrazione”  .

In meno di dieci anni 300 mila immigrati  hanno fatto perdere le loro tracce nel territorio Europeo

Nell’anno  2014  in cui  si è registrato un boom di sbarchi  in Italia  si è oltrepassata  abbondantemente  quota 100mila presenze  di cui 6000 bambini non accompagnati <<…molti di loro  pare siano  scappati  volontariamente  dai centri di accoglienza vagando soli o affidandosi ad adulti che speculano sulla loro condizione…..altri sono spariti nel nulla >> Raffaella Milano Direttore Save the children

la testimonianza

<<a Lampedusa sono scomparsi circa  400 bambini tutti avevano  in mano un biglietto con un numero di telefono forse si trattava dell’organizzazione criminale che li ha rapiti …..>> raccontano nella  denuncia  i volontari della  “ONG Terre des hommes “ di loro non si sappiamo più nulla  scandalizzati davanti a tanto orrore e dal silenzio delle istituzioni.

Lo sbarco più imponente si è registrato proprio a Pozzallo con 958 migranti  di cui 180 bambini  giunti il 6 Agosto.

Circa  300\400 persone in  media al giorno dal mese di Gennaio ad oggi arrivate illegalmente nel nostro territorio.

Le strutture  adibite all’accoglienza sono  23 distribuiti da nord a sud   , i CARA  per richiedenti asilo politico, CIE  centri per l’identificazione ed espulsione  ed i centri  per l’accoglienza chiamati CDA e la rete SPRAR  per la seconda accoglienza destinati ai titolari e richiedenti protezione internazionale .

“L’affare dell’accoglienza”

Riguarda le strutture che tutt’oggi  ospitano  migliaia di immigrati provenienti  dall’ Africa centrale  ,Egitto ,Siria e dalle terre di guerre e fame  che  rendono  ,intere famiglie di disperati , facile preda  di criminali del traffico umano  come ormai noto  punto di confluenza  del flusso migratorio sono  coste libiche  da dove  s’imbarcano  verso le coste siciliane, i più fortunati vengono raccolti nelle acque del mare di Sicilia dalla Marina Militare o trasbordati dalle carrette galleggianti e portati presso i punti di accoglienza….. altri purtroppo non arriveranno  mai.

Ma quelle che non si contano più sono la miriade di  case alloggio chiamate anche CAS centri di accoglienza straordinaria che  proliferano giorno per giorno ovunque, la  provincia di  Agrigento ad esempio ne ha appena attivato  25  e  quella di Trapani ben  27 CAS  che ospitano  2026 migranti

La mano della mafia cala come un’ombra oscura sul fenomeno ….

è proprio  il  Prefetto di Trapani  Leopoldo Falco a lanciare l’allarme dichiarando  (riportiamo stralcio delle dichiarazioni agli organi di stampa)

<<…stando ad alcune informazioni  è palese  l’interessamento di alcuni soggetti alla concessione di convenzioni per centri si accoglienza individuati come prestanomi di mafiosi >>.

continua il Prefetto Falco  sappiamo che alcuni amministratori di cooperative sociali siano strettamente   legati e vicini  alla malavita organizzata e pertanto ho chiesto di istituire una commissione di controllo per verificare le modalità di concessione delle convenzioni tra Trapani ed Agrigento .>>

(N.D richiesta ad oggi non  accolta)

Ma a quanto ammonterebbe l’affare immigrazionesi stima una cifra pari a 600milioni di euro solo per il 2013 cifra che è chiaramente destinata a salire nel 2014 ,per ogni immigrato accolto si spendono in media da 50 fino a 70 euro al giorno per non parlare dell’operazione mare nostrum per la quale l’Italia spende 9,5 milioni al mese .

I numeri all’armanti dell’accoglienza e la speculazione

Il CARA di Mineo  che potrebbe accogliere 2000 persone ma che ne riesce a stipare in condizioni igienico sanitarie disumane circa 4000 cioè il doppio ,una mega struttura che ha  un costo complessivo triennale di 97 milioni di euro risulta  uno dei centri più grandi d’Italia è l’aggiudicazione a far discutere  e gettare  qualche ombra sul criterio di affidamento  dei servizi  che dopo tante proroghe  è avvenuto proprio qualche giorno  fa , la stranezza sta nel fatto che sia pervenuta  presso gli uffici della Prefettura , una sola busta quindi un solo concorrente , il consorzio partecipante ed aggiudicatario aveva cambiato nome recentemente  ma raccoglie  nel suo organico gli stessi Enti della precedente gestione …..stando ai bene informati del luogo si cambia nome ma non personaggi   forse  poco trasparenti e con amicizie scomode legati ai clan della malavita catanese.

(Maria Borgia)

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L’affare Immigrazione a Pozzallo: guadagni da capogiro sulla pelle dei Profughi (FOTO ESCLUSIVE)

6 gennaio 2015 | scritto da Paolo Borrometi | letto 872 volte
L’affare Immigrazione a Pozzallo: guadagni da capogiro sulla pelle dei Profughi (FOTO ESCLUSIVE)

CRONACA
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Pozzallo

Da 80 euro a 27,99. Sono questi i numeri che, passando per la cifra intermedia di 35 euro, hanno caratterizzato l’arricchimento con la vera “industria” che non conosce crisi nel nostro Paese: l’immigrazione.

Il regime nel quale si continua ad operare, cioè quello della emergenza “Strutturale”, rappresenta una vera e propria fabbrica di soldi, con servizi assolutamente scadenti e furbetti che speculano sulla disperazione.

Siamo a Pozzallo, la porta dell’Europa sul Mediterraneo (considerata l’indisponibilità ad accogliere di Malta e Lampedusa “fuori uso”) e quello che si presenta nel Centro di Prima Accoglienza è un vero e proprio business

Fino all’inizio dello scorso mese di settembre ogni persona che cercava una nuova vita lontano da guerre, fame, disperazione e morte, faceva guadagnare a chi la “gestiva” la “modica” cifra di 80 euro.

Inspiegabilmente si passò, dopo alcune polemiche nel mese di settembre, da 80 euro a 35.

Quindi delle due l’una: le 80 euro iniziali erano una esagerazione? E chi ha consentito una situazione del genere? Oppure le 35 euro successive sono una “miseria” e non consentono i servizi pattuiti nelle convenzioni.

E proprio sui servizi a breve torneremo.

La cosa assurda è che, in occasione dell’ultimo affidamento provvisorio, il ribasso è arrivato sino a 27,99 euro.

Ricapitolando, da 80 euro a 27,99. Tutto, va detto, per circa 27mila persone giunte a Pozzallo nel 2014 (quasi 20mila, conti alla mano, nel periodo delle 80 euro! Quindi, 20mila per 80? Oltre un milione e mezzo di euro…).

SERVIZI

Passiamo ai servizi e – va precisato – non ci riferiamo alla ultima gestione ma ad un “andazzo” diffuso nell’ultimo periodo (almeno da prima dell’estate). Questo è, probabilmente, il capitolo forse più spinoso e vergognoso.

Una “mangiatoia” senza fine

Le convenzioni che si sono susseguite prevedono un vero e proprio kit che va consegnato al momento dello sbarco. Non sempre, però, ciò che viene “promesso”, sarà poi effettivamente “consegnato”.

Facciamo qualche esempio:

2 le tute previste (solitamente consegnata solo una); 3 paia di slip (solitamente consegnato solo uno); 3 asciugamani (solitamente consegnato solo uno); 2 magliette (solitamente consegnata solo una); un paio di scarpe ed uno di ciabatte (solitamente solo uno dei due). Così per continuare, perfino sapone e shampoo venivano consegnati alternandoli, mentre andavano consegnati entrambi.

A conferma di ciò mostriamo le foto ricevute di due donne scalze e la loro testimonianza. Secondo quanto hanno dichiarato le due profughe, si vive anche senza acqua calda, tutto riferito davanti a testimoni: “Ci facciamo la doccia con l’acqua fredda – raccontano le due giovani – ma ci rimettiamo gli stessi indumenti sporchi. No mutande, no calze, niente canotterie. Qualcuno ci ha detto che dobbiamo chiederle. Le abbiamo chieste ma nessuno si occupa di noi.

Per poi arrivare alle 2 lenzuola, 1 federa (tutto monouso, da consegnare ogni tre giorni di permanenza), due coperte. Proprio su questo ultimo aspetto, le foto mostrate qualche giorno fa dal Corriere di ragusa.it, nonostante le smentite, sono vere, seppur non riferite solo (va sottolineato) alla ultima gestione.

ASSISTENZA MEDICA

Medici, altra lacuna. Il Comune di Pozzallo e la Prefettura di Ragusa volevano, come da convenzione, personale Asp di Ragusa.

La ditta non riesce a garantire questi servizi.

Sono sempre le due giovani donne che dichiarano: “Nessun dottore, una mia amica ha la tosse dal giorno in cui siamo arrivati e oggi è il 5 gennaio, una settimana senza cure”. 

PULIZIA LOCALI

Altro problema non indifferente sarebbe la pulizia dei locali, non riferita a quella quotidiana, bensì alla disinfestazione che – secondo le nostre fonti – sarebbe stata effettuata molto raramente negli ultimi due anni e, quando realizzata, sarebbe stata eseguita da personale non idoneo.

Non solo, spesso (nei mesi scorsi) è accaduto che – a causa delle eccessive presenze – i profughi (sia a Pozzallo che nel Centro di Comiso) siano costretti a dormire fuori, sempre su materassi di fortuna, accanto alla spazzatura e senza dignità o ritegno alcuno da parte di chi dovrebbe evitare questo scempio.

Anche il controllo sui minori, a giudicare dalle foto, non sembra idoneo. Un ragazzo che sale sul tetto (accade nel centro di Comiso) e, come passatempo, si diletta a buttare giù le tegole, rappresenta un pericolo per sé e per gli altri ospiti. Chi deve vigilare?

ATTUALE GESTIONE DEL CENTRO

“La convenzione – è scritto in una nota ufficiale del Comune di Pozzallo – è stata prorogata fino al 31 gennaio 2015, in attesa della autorizzazione del Ministero degli Interni che permetta di stipulare una convenzione triennale”.

Però un altro fatto inquietante caratterizza la gestione

Alcuni dirigenti della ditta che hanno in gestione il centro sono stati (in passato) rinviati a giudizio, proprio per la gestione di un Centro di Accoglienza per Immigrati

I fatti contestati abbracciano il periodo trascorso tra il 2008 ed il 2011 e riguardano il Cie ed al Cara di Gradisca d’Isonzo (LEGGI L’ARTICOLO). 

L’accusa sarebbe di associazione a delinquere finalizzata alla truffa allo Stato ed inadempienze a pubbliche forniture

Una truffa che, secondo la Procura friulana, sarebbe avvenuta gonfiando i numeri delle presenze degli ospiti all’interno dei centri immigrati. 

Di contro, i legali che difendono chi ha in gestione il centro hanno dichiarato di avere fornito, la scorsa primavera, una corretta documentazione contabile fornita al Ministero degli Interni.

Insomma un affare con cifre assurde, da far impallidire in tempi di crisi e che richiede assolutamente chiarezza. Da tutte le parti in causa. 

Paolo Borrometi

Paolo Borrometi

Nato a Ragusa il Primo febbraio del 1983 ma orgogliosamente Modicano! Studia al Liceo Classico “Tommaso Campailla” di Modica prima, per poi laurearsi in Giurisprudenza. Tre grandi passioni: Affetti, Scrittura e Giornalismo. “Il 29 marzo del 2009, con una emozione che mai dimenticherò, pubblico il mio primo romanzo: “Ti amo 1 in più dell’infinito…”. A fine 2012, il 22 dicembre, ho pubblicato il mio secondo libro: “Passaggio a Sud Est”. Mentre il 27 gennaio ho l’immenso piacere di presentare all’Auditorium “Pietro Floridia” di Modica, il mio terzo lavoro: “Blu Maya”. Oggi collaboro con: l’Agenzia Giornalistica “AGI” ed altre testate giornalistiche”.

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Badia Prataglia, il centro d’accoglienza non si farà, vincono i cittadini

Postato il gen 6 2015 – 3:03pm by Redazione
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La coop Domus caritatis da forfait all’ultimo giorno utile per chiedere la proroga, a Badia Prataglia vincono i cittadini. La rivincita dello “spirito della Montagna”

badiapretagliaArezzo, 6 gen – Una forte eco di Mafia Capitale si riverbera persino nelle valli del Casentino. Dopo la vicenda di Badia Prataglia, da noi trattata nell’articolo Lucra pro nobis: chi gestisce il business dell’accoglienza, dopo le serrate dei commercianti del piccolo centro appenninico e la protesta alla Prefettura di Arezzo dei badiani giustamente preoccupati, è questo quello che viene da pensare, visto che il 31 dicembre appena trascorso, termine ultimo per presentare proroga al bando, l’appuntamento è andato deserto.

La cooperativa Domus caritatis, che si era aggiudicata l’appalto a Badia Parataglia per la gestione di un centro dove accogliere ben cento immigrati, in una struttura alberghiera da poco dismessa che il proprietario, Paolo Mulinacci, mise a disposizione della Prefettura aretina, non ha più dimostrato interesse per questo affare, disertando la perentoria scadenza dell’ultimo giorno del 2014. La Domus è stata, nel frattempo, coinvolta anche nella bufera dello scandalo romano. Come riporta Eugenio Palazzini con il suo contributo su questa testata I furbetti del business dell’accoglienza, dalle ormai note intercettazioni emerge un elaborato e strutturato piano per indirizzare il sistema dell’accoglienza a favore di determinate società, facendo dire, citando Salvatore Buzzi, “Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende meno”.

In particolare ci interessano le intercettazioni di Luca Odevaine, già vice capo di gabinetto con Walter Veltroni e capo della polizia provinciale con Nicola Zingaretti, che Ros e Procura di Roma descrivono come anello fondamentale dell’organizzazione mafiosa legata proprio al business sugli immigrati.

Una figura così centrale nell’inchiesta da far chiamare, da parte della Procura, “sistema Odevaine” il modus operandi che teneva in piedi tutto il sistema illegale venuto a crearsi, emerso dalle sue intercettazioni: “I posti Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, ndr) che si destinano ai comuni in giro per l’Italia fanno riferimento a una tabella tanti abitanti tanti posti Sprar” dice proprio Odevaine “…per quella norma a Roma toccherebbero 250 posti… che è un assurdo… pochissimo per Roma, no?… allora… una mia… un mio intervento al ministero ha fatto in modo che… lo Sprar a Roma… fosse portato a 2.500 per cui si sono presentati per 2.500 posti… di cui loro… secondo me ce n’hanno almeno un migliaio”. Emerge quindi un sostanziale accordo di cartello al 50 e 50% tra le due maggiori cooperative romane del settore per spartirsi gli utili della lauta torta; la 29 giugno di Buzzi, al centro delle indagini, e Casa della solidarietà, consorzio del quale fa parte proprio la Domus caritatis. Collaborazione che parte, a quanto pare, dalla Sicilia, ai tempi della gestione del Cara di Mineo, dalla prima gara d’appalto vinta dai nostri eroi nel 2011, e dalla seconda, dove in definitiva vengono riconfermati gli stessi personaggi, nel luglio 2014. A questo proposito proprio Odevaine spiega, in una delle moltissime intercettazioni a suo carico, come funzionava: “Dobbiamo fare la gara adesso…” dice al suo commercialista, poi prosegue “Pubblichiamo il bando, poi tornerò per la commissione per aggiudicarlo, però diciamo che è abbastanza blindato insomma… sarà difficile che se lo possa aggiudicare qualcun altro, no vabbè, dai, è quasi impossibile”.

Entra ancora nel dettaglio, sempre con il suo commercialista, e spiega meglio la collaborazione tra il gruppo Legacoop – le cooperative “rosse” – e il gruppo di area cattolica facente riferimento alla Compagnia delle opere di Comunione e liberazione (riportiamo direttamente ampi stralci tratti dall’articolo di Antonio Fraschilla apparso su Repubblica.it il 10 dicembre 2014, che risultano estremamente chiarificatori):

«Dalle indagini dei carabinieri emergono i contatti tra Odevaine, che era componente della commissione aggiudicatrice, il direttore del Consorzio calatino che raggruppa i Comuni del Catanese diventati “soggetti attuatori” del Cara dopo la Provincia, e i manager della Cascina, azienda di riferimento di Comunione e liberazione che fa parte della cordata che vinse poi il bando ma che già dal 2011 gestiva alcuni servizi nel Cara. […] Ad aggiudicarsi il mega-appalto è la cordata di gestione uscente, composta, oltre che dalla Cascina, anche dalla Sisifo, che fa riferimento alla Lega delle cooperative, dalla Casa della solidarietà dell’Arciconfraternita di San Trifone guidata da Tiziano Zuccolo (che in un’altra intercettazione sembra spartirsi alcuni affari con Buzzi a Roma), dalla Senis Hospes e da Sol Calatino. In una conversazione con il suo commercialista, Odevaine spiega anche come sia stata gestita la prima gara, nel 2011. E qui cita l’ex presidente della Provincia Giuseppe Castiglione, nominato allora “soggetto attuatore ” del Cara di Mineo dal ministro Roberto Maroni.

È Castiglione, in qualità di presidente dell’Upi, che indica Odevaine al tavolo nazionale sull’immigrazione e gli dà il ruolo di consulente per il Cara: due poltrone chiave, secondo gli inquirenti, per quello che definiscono “il sistema Odevaine”. […] In un’altra conversazione il superconsulente arrestato racconta come è nato il “sistema” nel 2011: “Gli dico (a Castiglione, ndr) noi dobbiamo creare un gruppo forte… già ne parlo con questi dell’Arciconfraternita a Roma e loro si erano nel frattempo fusi con la Cascina… per cui gliel’ho presentati a Castiglione e poi è nato questo”. E ancora: “Castiglione si è avvicinato molto a Comunione e liberazione… Comunione e liberazione di fatto sostiene strutturalmente tutta questa roba di Alfano e del centrodestra “. Odevaine sostiene anche di ricevere compensi per questo suo ruolo e per aver fatto arrivare al Cara di Mineo la Cascina: “Loro mi davano su Mineo 10 mila euro al mese come… diciamo così, contributo”. E visto che nel frattempo le presenze al Cara di Mineo erano raddoppiate, da 2 mila migranti a 4 mila, aggiunge: “No, non può essere lo stesso importo… e quindi siamo passati a 20 mila euro”. […] E Castiglione, oggi sottosegretario all’Agricoltura, non ci sta: “Tutti gli atti sulle prime gare del Cara sono pubblici e vagliati sia dalla Corte dei conti che dalle prefetture – dice – quanto accaduto sull’ultima gara non lo so, perché io non ero più soggetto attuatore. Io non ho nulla a che fare con la vicenda di “Mafia capitale” e mi fa rabbia esserne coinvolto sui giornali”.»

Sembrano quindi piuttosto stringenti i riferimenti a Domus caritatis, anche se per il momento la società non sarebbe ufficialmente coinvolta nelle indagini.

E forse potrebbe essere anche un caso la coincidenza tra l’implicazione di Domus caritatis nelle intercettazioni di “Mafia Capitale” e il repentino quanto spiazzante dietrofront riguardo il centro di accoglienza di Badia Prataglia, ma certo non possiamo non festeggiare assieme alla popolazione di Badia, che non si è voluta arrendere – e non si è arresa – ad una commistione inquietante di logiche di potere economico e politico.

Una lotta impari, certo, ma questo episodio ha dimostrato come la coesione popolare sia più forte di qualsiasi potentato. E chi vuole minare questa coesione, che sorge spontanea in ogni popolo quando si sente minacciato, da ora in avanti, non potrà non fare i conti con “lo spirito della Montagna” che da Badia Prataglia aleggia su tutta la Penisola.

 Alessandro Pallini

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Ciclope Bronte – Milo 1-1

Prima Categoria girone F. I risultati della quindicesima giornata e la classifica
— 4 gennaio 2015
PRIMA CATEGORIA GIRONE F. 15^ GIORNATA

Calatabiano – Agira 2-0
Ciclope Bronte – Milo 1-1
Città di Aci Catena – Aci Bonaccorsi 3-0
Città di Mascalucia – Adrano Calcio 1-1
Cometa Biancavilla – Belpasso 1-0
Real Tremestieri – Catanese 1-1
Russo Sebastiano – Città di Maletto 5-1

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Nebrodi, aperta pista di sci di fondo: è unica in Sicilia

Nebrodi, aperta pista di sci <br /> di fondo: è unica in Sicilia

Con le prime abbondanti nevicate natalizie ha preso ufficialmente il via la stagione invernale con la riapertura della pista di sci di fondo escursionistico, unica in Sicilia, tra i boschi alle pendici di Monte Soro, la vetta più alta dei monti Nebrodi(oltre 1800 m s.l.m.), lungo la strada che collega Cesarò con San Fratello. Un percorso di circa 2 chilometri che si snoda tra Portella Femmina morta e Portella Calacudera, lungo la Dorsale dei Nebrodi, l’itinerario escursionistico naturalistico più importante del Parco ed inserito nel Sentiero Italia.

Un tracciato sulla neve realizzato, anche quest’anno dal Parco dei Nebrodi con l’utilizzo del gatto delle nevi, di proprietà dell’Ente, ideale non solo per gli appassionati di sci di fondo ma anche per tutte quelle persone che vorranno recarsi nell’area protetta più grande della Sicilia e godere delle bellezze naturali dei Nebrodi ed imparare le prime tecniche per praticare questo sport.

“Nelle prossime settimana l’Ente, con il proprio personale ed in collaborazione con i Comuni di Cesarò, San Fratello, San Teodoro e Troina, coinvolgerà non soltanto tutte le scuole del Parco, ma soprattutto tutte quelle associazioni che operano nel territorio e garantiscono servizi di accompagnamento e servizi di fruizioni”. Lo ha dichiarato il Presidente del Parco, Giuseppe Antoci durante l’apertura della nuova stagione sciistica avvenuta domenica 4 gennaio a Portella Femmina morta con la presenza di centinaia di appassionati.

Sono già diverse le escursioni invernali da realizzare anche con le ciaspole lungo questo percorso che attraversa pure i laghi di altura del Maulazzo e del Biviere fino a giungere al bosco di Mangalavite nel territorio di Longi a ridosso delle Rocche del Crasto di Alcara Li Fusi e dell’Area del Capriolo e della cascata del Catafurco di Galati Mamertino.

Alla luce di queste grandi potenzialità di supporto economico che questo tipo di attività può apportare nel territorio del Parco il Presidente Antoci insieme ai sindaci dei Comuni più alti coinvolti stanno valutando la possibilità di potenziare le strutture per promuovere un tipo di fruizione eco-compatibile anche con piccoli impianti di risalita.

Durante la stagione sciistica la manutenzione e la battitura della pista verrà garantita dall’Ente e in particolare con il personale di Cesarò che in questa attività potrà contare anche sulla collaborazione dell’amministrazione comunale.

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Dalla Regione il via libera Ss 284, arriva il finanziamento per l’ultimo tratto Bronte-Adrano

  • Domenica 04 Gennaio 2015
  • Catania (Provincia),
  • pagina 35

L’interminabile iter burocratico per l’ammodernamento anche dell’ultimo lotto del tratto Bronte-Adrano della Ss 284, quello che dal km 26 arriva allo svincolo con la superstrada Adrano-Paternò, adesso è arrivato alla fine. La Regione siciliana ha previsto in bilancio le somme per realizzare i lavori.
A darne notizia è il sindaco di Bronte, Pino Firrarello, che in questi anni ha seguito l’iter passo passo. «Adesso si che credo siamo arrivati veramente alla fine di un lunghissimo iter burocratico che si prolunga da troppo tempo – afferma – certo, oggi raccogliamo con soddisfazione il compimento del passo decisivo per permettere all’Anas di pubblicare la gara d’appalto, ma non posso dimenticare che la burocrazia per l’ennesima volta ha rallentato l’esecuzione di un’opera importante per la viabilità e quindi per l’economia del territorio. E questo – conclude – non lo dico solo io, ma ricordatevi che in estate anche le organizzazioni sindacali a favore di questa strada hanno fatto arrivare forte la propria voce».
E tanti automobilisti attendono la realizzazione di un’opera, finanziata con 54 mln di euro, che lo stesso Firrarello chiese (e ottenne) al Cipe, nell’agosto 2011. «Così – continua il sindaco di Bronte – l’intero tratto sarà nuovo. Sono ormai più di 25 anni che mi batto per questa strada, consapevole del fatto che una mobilità moderna creerà certamente condizioni di sviluppo».
Come per il primo lotto, i cui lavori sono stati completati, sarà realizzata una strada a unica carreggiata composta da due corsie di 3,75 metri ciascuna, con l’intera piattaforma stradale che sarà larga 10 metri e 50 centimetri.
L. S.

04/01/2015

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“Capi insospettabili e mai affiliati” Zarcone: “Vi dico chi guida la nuova mafia”

LE RIVELAZIONI

Martedì 06 Gennaio 2015 – 06:00 di
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Cosa nostra cambia pelle. Parola di Antonino Zarcone. Il pentito ha fatto nomi e cognomi dei boss che non sono stati tradizionalmente affiliati, ma che comandano a Palermo e provincia.

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PALERMO – Gli insospettabili di Cosa nostra. Li possiamo definire così leggendo i verbali del collaboratore di giustizia Antonino Zarcone. Gente neppure affiliata formalmente, ma che ha un grosso peso all’interno dell’organizzazione criminale. Il pentito di Bagheria ne conosce i nomi e li ha forniti ai magistrati.

Gli insospettabili non sono stati assoldatisoltanto dal clan del popoloso centro in provincia, ma anche nelle file della nuova Cosa nostra palermitana. Quella di cui parla Zarcone è una mafia che cambia pelle. Va oltre le regole della tradizione e per questo rischia di diventare più pericolosa di quanto non lo sia stata nel recente passato.

I mandamenti, fiaccati dagli arresti, scelgono facce pulite per provare a riorganizzarsi. Una situazione che Zarcone ricostruisce nel corso di un controesame serrato. Al processo contro il clan bagherse il collaboratore racconta che né lui né Gino Di Salvo, piazzato dall’accusa al vertice del mandamento, all’inizio erano formalmente affiliati. Eppure, così racconta, ciò non ha impedito loro di ricoprire ruoli strategici. “Allora essere affiliati o non essere affiliati non significa niente in Cosa Nostra?”, chiede l’avvocato Giovanni Castronovo. E Zarcone risponde: “Allora, avvocato, è una cosa formale perché noi abbiamo avuto i rapporti anche con soggetti non ufficialmente affiliati che hanno la reggenza di altri mandamenti di cui già gli inquirenti sono a conoscenza, che però ufficialmente non sono affiliati”. Ecco saltare fuori gli insospettabili alla guida dei mandamenti mafiosi di Palermo e provincia. Il pentimento di Zarcone rappresenta una miniera di informazioni per i pubblici ministeri che si misurano con le strategie dei boss.

La linea della nuova Cosa nostra che prescinde dalla tradizionale punciuta è passata non senza polemiche. In provincia c’è chi ha storto il naso. “Sergio Flamia (boss di Bagheria pure lui oggi collaboratore di giustizia) – racconta Zarcone – aveva un ruolo abbastanza importante anche su tutto il territorio del mandamento, perché era un soggetto da tantissimi anni che era stato sempre vicino agli esponenti di Cosa Nostra… non gli interessava nulla se effettivamente doveva essere affiliato o non affiliato, anche perché aveva potere e poteva fare quello che voleva. Infatti ci fu anche una discussione con Nino Teresi della reggenza di Trabia, di cui Nino Teresi ufficialmente risultava reggente nel mandamento di Trabia, e Sergio Flamia – il racconto prosegue -, non essendo neanche affiliato, lo trattò di brutto e Nino Teresi si andava cercando poi aiuto perché Sergio Flamia non poteva parlare essendo ufficialmente non un uomo d’onore, in quelle condizioni, e trattare a Nino Teresi in quelle circostanze”.

Alla fine Flamia ebbe la meglio: “Sta di fatto che nessuno ha preso le parti di Nino Teresi, anche perché Sergio Flamia garantiva della copertura di Pino Scaduto e di altri esponenti del mandamento di Bagheria”. Nella nuova mafia conta più la sostanza che la forma “perché l’affiliazione sul mandamento di Bagheria non significa quasi nulla, perché bene o male ci sono stati diversi episodi di persone che sono reggenti e usufruiscono di soggetti che vanno camminando per conto di Cosa Nostra e prendono estorsioni, che non hanno bisogno di essere affiliati, ma hanno un ruolo ugualmente di spicco… non c’è nessun vincolo e non ci sono tutte queste vecchie norme antiche che esistevano una volta, anche perché ci sono stati diversi episodi”.

Episodi su cui Zarcone nulla aggiunge. Non può farlo. I dettagli fanno parte dei verbali ancora top secret del collaboratore sulla base dei quali la magistratura ha già avviato la caccia agli insospettabili uomini di Cosa nostra.

Ultima modifica: 05 Gennaio ore 19:53
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“La mafia vuole imbavagliare i giornalisti che dicono la verità”. Intervista a Lirio Abbate

LE INTERVISTE DI SUD

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Ieri pomeriggio Elena Fava ha consegnato il premio Giuseppe Fava al giornalista de L’Espresso Lirio Abbate. Famoso per le sue inchieste che hanno fatto luce sui sistemi criminali che governano il paese, Abbate ha parlato con noi di SUD Press di cosa vuol dire fare giornalismo e parlare di mafia oggi in Italia 

Per noi che iniziamo con fatica la carriera giornalistica è importante prima di tutto avere dei modelli, dei maestri, qualcuno a cui fare riferimento nell’etica quotidiana che muove il nostro lavoro. Tra i pochi che oggi in Italia coraggiosamente portano avanti un giornalismo quasi dimenticato, fatto di denunce e “schiena dritta”, Lirio Abbate è sicuramente uno dei maestri a cui sentiamo di volerci ispirare nel racconto dei fatti che, giorno per giorno, tormentano la nostra terra.

Ieri pomeriggio durante l’incontro “La mafia comanda (ancora) a Catania”, Elena Fava, figlia di Pippo, il giornalista catanese ucciso dagli uomini del clan Santapaola-Ercolano nel 1984, ha consegnato il premio Giuseppe Fava a colui che più di tutti oggi ne incarna lo spirito. Lirio Abbate, oggi sotto scorta per le minacce ricevute da diversi clan mafiosi (non ultimo Massimo Carminati della cosiddetta “mafia capitale” di Roma), prima di intervenire durante il dibattito ha raccontato a noi di SUD Press cosa vuol dire parlare di mafia in un paese difficile come l’Italia. 

Penso che fare giornalismo, come lo fate voi, è una cosa normale. Vuol dire raccontare quello che la gente produce per strada, riportarlo nel migliore dei modi, senza fraintendimenti. Certo in alcune realtà è più pericoloso che in altre ma ci vuole sempre una buona idea di quello che si fa, anche rischiando. Io penso che il giornalista deve essere questo. “

 

“La memoria ed il ricordo di Pippo Fava ci insegna che il giornalismo produce effetti positivi e negativi; negativi per la mafia, positivi per la gente, perché la gente ha un riscontro pubblico delle cose che conosce. Negativo per la mafia perché le cose che tende a nascondere vengon poi rese pubbliche producendo effetti negativi, e per questo provano a mettere il bavaglio”.

Proprio per questa azione con la quale si portano alla luce fatti conosciuti ma di cui nessuno vuol parlare pubblicamente,  i giornalisti come Lirio Abbate, uomini che non hanno dimenticato cosa vuol dire essere attori attivi nella formazione dell’opinione pubblica nazionale, rischiano ogni giorno la vita. 

“Sono situazioni che purtroppo accadono, ci sono indagini in corso. Un po’ tutti siamo abituati dopo le cose che raccontiamo, a qualcuno sale il sangue alla testa e poi fa delle cose che non dovrebbe fare”.

Ed è il consiglio di un maestro, quello che alla fine il giornalista de L’Espresso, consegna a tutti i giovani colleghi che oggi si accingono ad intraprendere questa carriera e decidono di affrontare tematiche pericolose come quelle della criminalità organizzata: “siate sempre disincantati, curiosi nei confronti di quello che vi circonda, nei confronti di chi vi amministra.  Essere curiosi di apprendere i fatti in modo da poterli poi raccontare e trasmetterli agli altri”.

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Gli Uomini del CARA Mineo: Tino Lipara tesoriere del Partito Democratico

SPECIALE CARA MINEO

Lipara grafico 2

Incarico, riconfermato, di primo piano nel partito di governo, è anche revisore dei conti di Sol Calatino e del Consorzio Nazionale Idea Turismo 

Non se ne esce, attorno alle centinaia di milioni fagocitati dal CARA di Mineo ruota di tutto. E ruotano tutti.

Anzi, probabilmente neanche ruotano, piuttosto si cooptano.

Basta allargare di qualche millimetro il fascio di luce che si scorgono, con i ruoli più diversi, personaggi che gravitano nel bosco o sottobosco afferente quella politica-politicante che si infiltra dappertutto e che nel gioco delle relazioni intrecciate trova strumenti per l’arricchimento e la sopravvivenza del sistema che abbiamo imparato a conoscere, e che adesso comincia a disvelarsi, grazie soprattutto a qualche magistrato onesto e capace e, perché non dirlo, con il contributo di qualche testata giornalistica che ha portato, e porta, alla pubblica attenzione quanto sinora rimaneva ben celato nei cassetti del potere autoreferenziale e ingordo.

Il tema che poniamo non è l’illegalità o veri e propri crimini associativi emersi, ad esempio, con l’indagine “Mondo di Mezzo” su Mafia Capitale; non è certo compito di un giornale ma di quelle autorità che pare abbiano finalmente cominciato a fare sul serio.

Compito di un giornale, invece, potrebbe essere contribuire a far capire come possa accadere che princìpi quali “solidarietà”, “accoglienza”, “volontariato”, “cooperative”, “reti sociali” possano diventare schermi perfetti (quasi) per nascondere affari “più remunerativi del traffico della droga”, come risulta dalle intercettazioni di alcuni arrestati in Mafia Capitale.

In un quadro in cui molto, troppo, appare inquinato o quantomeno facilmente inquinabile, deve porsi la questione dei ruoli ricoperti da chi ha responsabilità politiche.

Raccogliamo una segnalazione interessante che rassegniamo ai lettori per le loro libere valutazioni, noi non ne facciamo.

Anzi chiariamo subito che può ritenersi plausibile che un dirigente di partito possa assumere incarichi in società pubbliche, incarichi dei quali il partito di provenienza si assume la responsabilità politica.

Per essere più espliciti, se Tino Lipara è in carica come tesoriere del Partito Democratico e da questi viene indicato quale revisore dei conti della Multiservizi, società di fatto pubblica, può anche starci.

Ma se ritroviamo lo stesso tesoriere di partito in ruoli di controllo contabile in società private, cooperative e consorzi che attingono a decine o centinaia di milioni di fondi pubblici tramite gare, affidamenti e quant’altro, possiamo continuare a ritenerlo sostenibile?

Tino Lipara è attualmente il tesoriere del Partito Democratico e contemporaneamente, oltre ad altri incarichi, revisore dei conti non di una ma di almeno due aziende in importanti rapporti d’affari con il CARA di Mineo, il Sol Calatino presieduto da Paolo Ragusa ed il Consorzio Nazionale Idea Turismo di cui Ragusa è vice presidente.

Possiamo considerare salvaguardato il principio di separazione tra affari e politica?

Adesso, come accaduto, qualcuno replicherà che è del tutto normale, magari che gli incarichi sono tutti a titolo gratuito, che anzi è testimonianza di spirito di servizio e militanza volontaristica, che non c’è nessuna commistione tra affari e politica..

E noi pubblicheremo. Come sempre.

 

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