I verbali di Odevaine: “Castiglione nel patto degli affari sul Cara” L’ex dirigente del Campidoglio inguaia il big dell’Ncd. Mafia Capitale, governo parte civile ma “salva” i dem

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di CARLO BONINI
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05 novembre 2015

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I verbali di Odevaine: “Castiglione nel patto degli affari sul Cara”
Luca Odevaine durante un incontro con Salvatore Buzzi
ROMA – Quattro verbali di interrogatorio resi tra settembre e ottobre alle Procure di Roma e Catania, con la piena ammissione delle proprie responsabilità e la chiamata di correo che spalanca le porte dell’abisso al sottosegretario all’agricoltura Ncd Giuseppe Castiglione (indagato da mesi a Catania e sopravvissuto a una mozione di sfiducia in giugno), sono la chiave che dopo 11 mesi di detenzione ha aperto le porte del carcere a Luca Odevaine, uno degli imputati chiave del processo “Mafia Capitale” che questa mattina celebrerà la sua prima udienza. Processo in cui, oltre al Comune, si costituirà parte civile anche il Governo.

Ma con un singolare distinguo. Solo nei confronti degli imputati di associazione mafiosa. Il che escluderà, tra gli imputati, gli ex consiglieri e assessori capitolini del Pd e comunque tutti i politici sin qui coinvolti (escluso il Pdl Luca Gramazio, perché accusato, appunto, di mafia).

Ma torniamo a Odevaine. In quei quattro verbali (due dei quali, quelli con i pm romani, verranno depositati oggi all’apertura del dibattimento), ampiamente “omissati” per proteggere il segreto di un’indagine che, a Catania, ha come oggetto la gara per l’affidamento al “Cara” di Mineo e, a Roma, l’accordo di cartello tra la coop 29 giugno di Buzzi e la “Cascina” di Cl, si completa una collaborazione cominciata a metà luglio, quando era detenuto a Torino, e proseguita nella sezione protetta di quello di Terni, che ha lasciato per gli arresti domiciliari.

Odevaine, infatti, non solo ha ammesso di aver ricevuto denaro dalla “Cascina”, ma ha spiegato come quel denaro fosse funzionale a pilotare la gara per l’affidamento della gestione del Cara di Mineo, della cui commissione aggiudicatrice faceva parte. E questo con la piena consapevolezza dell’allora presidente della Provincia di Catania e oggi sottosegretario Castiglione (preoccupato di incassarne un ritorno politico).

La gara per il Cara di Mineo – ha spiegato Odevaine ai magistrati di Catania – rispondeva a un accordo di cartello che, a diverse latitudini, Roma come Catania, prevedeva una spartizione aritmetica tra coop rosse (la “29 giugno” di Buzzi) e bianche (la “Cascina”) del business dell’accoglienza. Con un ritorno politico per il partito che delle coop bianche era riferimento: l’Ncd del ministro dell’Interno Angelino Alfano e dell’ex ministro Maurizio Lupi. Un cartello che, per altro, nel caso di Mineo – stando a quanto verbalizzato – avrebbe visto il coinvolgimento di interessi mafiosi (motivo per il quale lo stesso Odevaine si sarebbe detto preoccupato con i pm della propria sicurezza e di quella dei suoi familiari).

Che gli appalti del cosiddetto “terzo settore” (welfare, migranti e ambiente) destinati alle cooperative fossero del resto il piatto in cui si incrociavano domanda e offerta del mercato della corruzione, senza distinzione di colore politico, è circostanza che Odevaine mette a verbale anche con i pm romani. Nel 2008 – ricorda – uno dei primi atti del neosindaco Gianni Alemanno è spedirgli un’ambasciata di cui sono latori Riccardo Mancini e Vincenzo Piso (oggi deputato Ncd e all’epoca capogruppo Pdl in Campidoglio).

Odevaine, in quel momento è ancora vicecapo del gabinetto che era stato di Veltroni e quindi del commissario che gli era subentrato e la richiesta di Alemanno è che riapra i termini di gare già chiuse per inserire cooperative nell’orbita della nuova maggioranza. La risposta è un “ni”. “Solo se il sindaco me lo mette per scritto”, dice Odevaine a Mancini e Piso. Che, infatti, si ripresentano con una lettera del neosindaco. A cui, tuttavia, Odevaine non dà corso per “non finire tutti nei guai”. Ma c’è di più. Stando agli interrogatori nel carcere di Terni, Alemanno vuole che Odevaine protragga la sua presenza nel gabinetto del sindaco per almeno tre mesi, anche se la maggioranza ha cambiato colore.

Ipotesi che non si concretizzerà perché, come Mancini e Piso riferiranno a Odevaine, “manca l’appoggio ” di Umberto Marroni (oggi deputato Pd) e Francesco Smedile (allora Pd, poi Udc). Per quale motivo dei

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consiglieri del Pd dovessero lavorare a un accordo che prorogasse con una nuova giunta di destra l’incarico dell’uomo da cui Alemanno voleva la riapertura delle gare non è dato sapere. Quello che ha documentato l’indagine Mafia capitale lo lascia immaginare.

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